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La memoria delle bombe trent’anni dopo: così nasce la mappa delle Rose di Sarajevo

La memoria delle bombe trent’anni dopo: così nasce la mappa delle Rose di Sarajevo

foto da Quotidiani locali

La memoria è fondamentale: sia perché orrori passati non si ripetano, sia per onorare vittime e sopravvissuti. E anche le carte geografiche possono aiutare a mantenere vivo il ricordo e a diffondere la conoscenza del recente, sanguinoso passato.

Sono, questi, concetti ben presenti a Sarajevo, città-martire della guerra del 1992-95, teatro del più lungo assedio in Europa nell’epoca moderna.

“Rose di Sarajevo”

E sono proprio memoria e geografia urbana gli ingredienti che hanno portato alla nascita di Sarajevske Ruže, prima mappa che identifica sulla carta non tutte, ma comunque un buon numero delle cosiddette “Rose di Sarajevo”.

Non si tratta di fiori, bensì dei crateri e dei segni delle schegge impressi sull’asfalto del centro della capitale della Bosnia-Erzegovina dalle granate serbo-bosniache lanciate dai monti attorno alla città per quarantaquattro mesi, con un bilancio di oltre 11 mila civili morti - di cui 1.600 bambini - e almeno 50 mila feriti. Non furono solo i cecchini a macchiarsi della mattanza, ma anche altri sgherri del generale Ratko Mladić e del suo leader politico, Radovan Karadzić che ordinarono costanti bombardamenti con i mortai.

Dopo la guerra, per non dimenticare, già a partire dal 1996 e negli anni successivi almeno 200 buchi nell’asfalto provocati dalle granate – una piccolissima parte del totale, scelti dalle autorità tra quelli dove morirono almeno tre persone – divennero “memoriali”.

L’iniziativa

Lo divennero riempiendo di una speciale resina resistente, rossa come il sangue, i buchi nel selciato provocati dalle bombe, trasformando simboli di morte in una rosa rossa colta nell’attimo in cui perde i petali.

L’origine dell’iniziativa, hanno spiegato gli ideatori della nuova mappa, risale tuttavia ancora ai tempi dell’assedio. I sarajevesi infatti erano soliti portare fiori, anche rose, sui luoghi dei massacri per offrire un tributo ai concittadini caduti sotto i colpi delle granate.

Memoriali che vengono ogni giorno osservati, calpestati dai passanti e a intervalli regolari – ormai scoloriti dal tempo e dagli agenti atmosferici – restaurati con passate di colore, spesso anche dagli stessi sarajevesi.

La mappa

Ma dove sono, le Rose? Aiuterà a ritrovarle proprio la mappa “Sarajevske Ruže”, un’opera dell’Istituto del Cantone di Sarajevo per la protezione dell’eredità culturale e storica della città, con il contributo del ministero della Cultura cantonale. A firmare il progetto l’intellettuale e storica Amra Custo, che già in passato aveva sottolineato l’importanza di una «memoria» e di «monumenti» che ricordino quanto accaduto, anche come contraltare al negazionismo e alla glorificazione di criminali di guerra, che va ancora troppo spesso in scena tra i serbo-bosniaci.

La mappa, è stato illustrato, mostra così sia le Rose dipinte sia quelle “non memorializzate” evidenziano anche i luoghi-chiave dell’assedio, come la tristemente celebre “Sniper Alley” e i luoghi della città più bersagliati dalle granate, il tutto corredato dalle testimonianze di sopravvissuti.

L’assedio

Dopo l’esplosione «si è alzata la polvere, soffocava il respiro, madre e figlia erano volate via, ferite», il racconto ad esempio di Aida.

Flashback di uno dei massacri peggiori della storia sarajevese, quello di “Markale II”, 1995, con 43 morti e 75 feriti al mercato cittadino dopo i 68 assassinati e i 144 feriti del febbraio 1994, nello stesso mercato, anch’essi immortalati nelle Rose: due fra i momenti più terribili dell’assedio.

Impossibile, hanno comunque assicurato i promotori dell’iniziativa, ricordare tutti i morti e i feriti: in media infatti su Sarajevo cadevano un centinaio di granate al giorno colpendo nel mucchio i civili, non obiettivi militari.

Ma nel marzo 1993, il 23 per la precisione, ci fu un primo triste record: 2.300 granate, di cui svariate centinaia caddero sul centro di una città che, tuttavia, non si piegò. Neppure quando quel record fu battuto, il 29 luglio 1993, con 3.777 granate contate dagli assediati.

Nel frattempo anche le Rose sfioriscono, «per colpa delle condizioni atmosferiche o delle riparazioni a strade e marciapiedi», ha spiegato la mappa. Ma rimarranno nel cuore dei sarajevesi. E sulla nuova "Carta del ricordo".

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