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Coppia nella vita e nell’amore per la pittura, la storia di Gianfranco Stofler e Leda Muraro

LESSOLO

Gianfranco Stofler, 82 anni di Lessolo, è il prolifico pittore che con un deciso colpo di acrilico da molti anni immortala i suggestivi paesaggi e gli interni delle baite della Valle d’Aosta. Con la moglie, Leda Muraro, 75 anni, espongono i loro quadri, non solo in Valle, ma anche in Canavese. La loro, infatti, oltre ad essere una coppia nella vita, è una coppia anche nell’amore per l’arte, che entrambi esercitano con passione. Due stili diversi e una sola vocazione per i due appassionati pittori.

Quando è iniziato il suo rapporto con l’arte e la pittura?

«Direi da ragazzo, dopo un incontro determinante con il maestro, scultore e pittore, valdostano Lucio Duc, quando frequentavo ancora le scuole elementari - racconta Gianfranco Stofler -. Lui era già affermato, con un atelier e un museo ad Arnad. Mi innamorai della pittura e cominciai a frequentare pittori come Giovanni Colonnello ed Elio Magaton, dai quali ho tratto molta ispirazione per le mie opere, così come dalla produzione di Italo Mus. Anche se poi personalizzo rispetto alle loro creazioni. Ho sempre dipinto da allora, negli anni ’60, però, sono entrato a lavorare all’ Olivetti e così la mia produzione è molto diminuita. Inoltre, ho fatto il maestro di sci per quarant’anni alla scuola Monterosa e non rimaneva molto tempo per l’arte. Ho ripreso con energia negli anni ’90 quando andai in pensione».

Qual è la tecnica che utilizza e che soggetti ama riprodurre nei suoi quadri?

«All’inizio ho cominciato con il disegno, nei primi anni facevo molti disegni con la china, quindi sono passato alla pittura a olio, mentre negli ultimi vent’anni anni realizzo i miei quadri con i colori acrilici. Trovo gli acrilici più veloci, è una pittura ad acqua ma si asciuga rapidamente. Molti osservando i miei quadri apprezzano la stesura più concreta, che ricorda molto l’uso della pittura ad olio. Per quanto riguarda i soggetti, mi definirei un paesaggista. Molti dei miei dipinti raffigurano paesaggi montani, ma anche di città e ho dipinto molti scorci di Ivrea. Sono paesaggi che comprendono l’uomo, non solo la natura. Dipingo anche gli interni, in particolare quelli delle baite di montagna della Valle d’Aosta».

Ci potrebbe spiegare questo forte legame che sente con la Valle d’Aosta, le sue vallate e le sue montagne? «Io e mia moglie, Leda, anche lei pittrice, abbiamo sempre amato la Valle d’Aosta, l’abbiamo frequentata come sciatori, con gli escursionisti, poi abbiamo preso una seconda casa a Gressoney-La-Trinité e tutti gli anni siamo lassù. Moltissime delle nostre mostre hanno avuto luogo in Valle d’Aosta, a Cogne, Gressoney, Champorcher, Saint-Vicent, Chamois, Gaby e Issime».

Qual è la sua esperienza di esposizioni e mostre?

«Una delle primissime che feci fu a Burolo nel ’62, grazie ai centri ricreativi Olivetti, ma da allora, insieme con mia moglie, ne abbiamo fatte a decine in Valle d’Aosta, ma anche in Piemonte. Spesso quando siamo a Gressoney ci viene data una sala apposita e d’estate io e mia moglie allestiamo una mostra, solitamente molto apprezzata e frequentata. Le mostre sono per me delle grandi occasioni sociali, non solo per esporre o vendere i quadri, ma anche per chiacchierare, conoscere gente, scambiare impressioni e fare conoscenze. Ci hanno chiesto di esporre a Firenze e Roma, ma l’idea di prendere le nostre collezioni e portarle in questi posti un po’ ci scoraggia. Trovo che l’ambiente artistico valdostano sia molto più vivace rispetto a quello attuale canavesano. Anni fa si facevano molte attività anche a Ivrea, mentre negli ultimi anni le proposte sono diminuite. Per questo al momento esponiamo molto in Valle d’Aosta, dove per altro c’è un bel riscontro di pubblico, anche se mi piacerebbe tornare a fare esposizioni anche in Canavese».

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Leda Muraro ha, a sua volta, uno stile personale e con il suo tocco delicato ed evanescente riproduce i colori con una singolare tecnica ad acquerello. Moglie di Gianfranco Stofler, ha iniziato frequentando i circoli di pittura olivettiani ed eporediesi.

Quando si è avvicinata alla pittura?

«Lavoravo anch’io, come mio marito, alla Olivetti, ho cominciato nell’84 - racconta la pittrice canavesana -. Frequentavamo molti pittori ed artisti e così, quasi per prova, ho iniziato. Dipingendo fin da subito con la tecnica dell’acquarello. Va detto che a scuola sono sempre stata molto brava con il disegno, quindi avevo già delle basi dalle quali partire per migliorarmi. All’inizio dipingere per me è stato soprattutto un motivo per stare in compagnia e condividere le passioni delle persone che frequentavamo. Mano a mano che dipingevo, però, desideravo affinarmi, così ho frequentato i corsi di pittura ad acquerello del maestro Giorgio Franzetti. Grazie a lui ho appreso le basi di questa tecnica e il tocco delicato che caratterizzava lo stile del maestro. Quindi, ho fatto mia la lezione del maestro Giovanni Rossano, con un uso più marcato dei colori e delle sfumature, il quale mi ha insegnato una tecnica molto vicina a quella dei macchiaioli, che mi è subito piaciuta. È uno stile dai contorni meno precisi, che poi avrei ritrovato in seguito nel mio modo di dipingere. Ho frequentato, quindi, i corsi di Franz Clemente, dell’Accademia Albertina di Torino, dal quale, invece, ho appreso una tecnica ad acquerello più precisa, più definita. Grazie a questo maestro ho potuto esprimere la mia arte in libertà. Questo è un comune denominatore di tutti i maestri che ho avuto, capaci di trasmetterti tecniche e conoscenze, ma anche di lasciarti libera nell’esprimerti».

Oggi quale tecnica utilizza e quali sono i soggetti che ama ritrarre nei suoi quadri?

«Ho provato diverse tecniche, ma alla fine mi sono dedicata all’acquerello nella sua forma più effimera. Amo dipingere con molta acqua, con macchie e sfumature, è una tecnica difficile che richiede rapidità e lascia pochissimo, se non nessuno, spazio alle correzioni. Nei miei quadri non utilizzo il bianco, lascio quello del quadro, non amo i contorni precisi, ma lavoro molto sulle impressioni e le sfumature. I miei soggetti preferiti sono i fiori e le piante, che meglio si prestano alla tecnica che utilizzo per il movimento ed i colori. Raramente mi discosto da questi soggetti, a moltissime persone sono piaciuti i miei quadri su cardi e i soffioni del tarassaco. Recentemente sto dipingendo anche figurini, come ballerine e soggetti in movimento con molte sfumature e tonalità di colore».

Qual è il suo rapporto con le esposizioni?

«Io ho partecipato a tante mostre collettive, sia in Piemonte sia in Valle d’Aosta, esponendo spesso insieme a mio marito e ad altri pittori. Sono per me un momento di grande condivisione, passiamo moltissimo tempo a parlare e conversare con le persone che frequentano le mie esposizioni, anche se ammetto di essere sempre piuttosto restia a separarmi da uno dei miei quadri, perché ogni quadro trasmette alla persona emozioni diverse, anche a me».

Muraro e Stofler condividono, oltre alla passione per la pittura e la montagna, anche quella per gli sci, lui come maestro, lei come provetta sciatrice: la loro è una vita condivisa a pieno.

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