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A tu per tu con coach Sandro Gamba, una leggenda del basket

UDINE. Un coach come padre, come esempio per tanti giovani sportivi, come emblema di un epoca. Sandro Gamba, classe 1932, è uno degli allenatori più vincenti della storia della pallacanestro italiana.

Lunedì 26 febbraio sarà ospite al cinema Visionario di Udine, lo abbiamo raggiunto nella sua abitazione milanese per parlare della palla a spicchi a 360°.

Gamba, che messaggio vuole dare questo docufim?

«I giovani che giocano a basket hanno bisogno di esempi. Il nostro è un gioco di abilità, gli esempi positivi sono fondamentali, anche per i meno giovani. C’è bisogno di imparare come si sta in campo, cosa vuol dire sacrificio».

Il playground milanese della sua gioventù cosa rappresenta?

«Imparare guardando gli altri, provare a imitarli. Quando giocavo da ragazzino mi dicevo “vediamo come si fa”. Prova e riprova sono diventato un giocatore».

Che ricordi ha di Nantes 1983 e degli Europei vinti?

«È stata l’impresa più bella da allenatore. Tutti ci dicevano che andavamo in Francia per partecipare, io pensavo invece “voglio vincere, altrimenti meglio che vada a pescare”.

Ci siamo impegnati negli allenamenti come mai prima, ne è uscito un gioco spettacolare ed efficace. Tutti ci lodavano, il segreto è che giocavamo in 12, non in 6 o 7».

La Lega Basket ha intitolato a lei il premio per il miglior coach. Sensazioni?

«Mi fa piacere, anche perché non ho mai chiesto niente, ma ho vinto molto: prima da giocatore poi da coach. È che io non sono uno che ama chiacchierare, non cerco di farmi pubblicità».

Il primo Mvp andrà invece a Dino Meneghin. Possiamo definirlo un suo pupillo?

«Dino è stato un mio giocatore sia a livello di club che di Nazionale. Ha vinto spesso, è stato uno decisamente sopra la media. Teneva le redini della partita, aveva una mentalità straordinaria, era un grande difensore. Perfetto esecutore di quello che chiamano “teamwork”, il lavoro di squadra».

Lei è nella Hall of Fame, dove c’è il triestino Cesare Rubini. Ce lo ricorda?

«Fu uno dei primi a dare un impulso importante al basket italiano, è stato un grande giocatore e un grande allenatore sia nel basket che nella pallanuoto, cosa volere di più?»

Antonello Riva ha fatto la storia da queste parti, a Gorizia. Di Nembo Kid cosa ci dice?

«Lui aveva classe internazionale, è stato un tiratore super. Gli dicevo: “abbiamo bisogno che ci fai 20 punti” e lui rispondeva “non sono mica una macchina”. Poi però li faceva, Riva non mi ha mai tradito».

Gorizia significa anche Tonino Zorzi. Cosa ci dice di lui?

«Siamo stati compagni in Nazionale, anche in camera assieme. Eravamo amici come certi monelli di strada. Tonino è stato un giocatore diverso da me, aveva buone mani, era un grande tiratore.

Purtroppo è stato poco ricordato perché non ha fatto parte di squadre vincenti, ma ha lasciato il segno. Come allenatore, invece, è stato un ottimo insegnante di fondamentali».

Le piace il basket attuale?

«Sì, vedo buona qualità, anche perché al giorno d’oggi si fanno allenamenti scientifici, ai miei tempi si andava un po’ a spanne. Vado sempre a Milano e Varese a vedere partite dal vivo».

In Eurolega però va meglio la Virtus dell’Olimpia.

«Io spero che l’Olimpia riesca a vincerla prima o poi, perché è più internazionale. La Virtus sta facendo bene, ma ritengo abbia qualche problema nei cambi».

Cosa pensa dell’Italia di Pozzecco?

«Ho visto la partita con la Turchia, gli do una larga sufficienza. Se vuole vincere, però, deve trovare consistenza».

Qual è il giocatore più forte che ha allenato in carriera?

«Ce ne sono diversi. Meneghin e Marzorati fra gli italiani, John Grochowalski e Tim Bradley fra gli stranieri. Senza dimenticare Bob Morse, il miglior tiratore di sempre».

Il miglior tecnico attuale?

«Ettore Messina è il più preparato. Le critiche attuali? Non si può mica essere invincibili».

Che ricordo ha di Udine?

«Ci sono venuto parecchie volte da avversario della Snaidero. Bella città, pulita. “Clean”, come dicono gli americani».

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