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Il viaggio come metafora della vita: la raccolta di racconti dello scrittore e poeta Mastromonaco

Il treno, fin dal suo apparire, ha sempre incuriosito gli artisti più diversi, ma in particolare poeti e narratori. Il fenomeno è stato studiato magistralmente dal grande comparatista Remo Ceserani in Treni di carta (1993), che si configura ancora come uno dei principali strumenti critici su questo specifico argomento, ma il particolare ambito letterario (se proprio così lo vogliamo definire) che riguarda treni, stazioni e ferrovie, lungi dall’inaridirsi, nonostante la perdita di rilievo del treno di fronte ad altri mezzi di trasporto arrivati dopo di esso, viene da anni rimesso alla prova e conquista sempre nuovi adepti.

Non era scontato che l’effervescenza creativa di Pietro Mastromonaco – scrittore e poeta molto attivo da diversi anni sulla scena culturale udinese – si misurasse con questo tema.

E lo fa creando una raccolta di racconti (Attesa alla stazione: racconti dal treno, edito da L’Orto della cultura) utilizzando registri diversi, con ambientazioni locali che a volte si spingono lungo la nostra penisola o sconfinano lungo itinerari internazionali comunque sempre raggiungibili da Udine, dove ogni storia sembra iniziare, ma in cui il treno, visto e vissuto nel suo continuo movimento, non è un facile espediente per tenere uniti i vari racconti di questa raccolta.

Accanto e assieme all’io narrante, che prepotentemente afferma la propria vitalità e le proprie esigenze esistenziali con diffuso e insistito realismo – il treno diventa il co-protagonista effettivo (e affettivo) di queste storie.

Lo accompagna per esaltare le sue emozioni, per accentuare il dolore di una perdita o di un inaspettato distacco, per alimentare il vizio del gioco (che nasce e si rafforza parossisticamente all’interno di uno scompartimento di un treno di pendolari), fino a diventare non solo l’ambientazione passeggera per un viaggio per quanto lungo o avventuroso o quotidianamente ripetuto, ma la stessa casa su ruote che un eccentrico intellettuale o degli homeless metropolitani scelgono come dimora perfetta per la propria vita.

A mio avviso, questa bizzarra simbiosi tra uomo e treno, tra la vitalità passionale del primo e la forza lenta e poi travolgente del secondo (presente un po’ in tutti i racconti), la possiamo plasticamente apprezzare in un passo del racconto La casa sul treno, quando Romeo, l’intellettuale appassionato di treni e ferrovie che farà restaurare quattro carrozze per eleggerle a sua abitazione personale, vivrà l’acme della passione amorosa nell’amplesso con una donna, e in quel preciso istante gli sembrerà che quel treno che aveva sistemato sui binari di una stazione dismessa prenderà magicamente a muoversi.

Perché il treno, anche quando è fermo, evoca il movimento, e muove oltre alla sua massa, anche il paesaggio che attraversa. E tornando a Mastromonaco: «Era questa la seduzione del treno, il suo essere ambiguo, fermo e pronto a partire, una tappa in una città e già in marcia per un altrove. Da salire e scendere in permanenza, senza una stazione definitiva. Questo stava a significare la vita, fluida, inafferrabile, destinata a perdersi nell’evanescenza».

Treno, dunque, come metafora della vita, quasi un racconto fantastico di Dino Buzzati, treno come materializzazione del suo continuo flusso in avanti, ma anche dei suoi improvvisi e inappellabili arresti, in contrasto con i nostri vani tentativi di rendere infinito il suo moto, in linea con i grandi maestri della letteratura di ogni paese.

C’è, infine, un ultimo aspetto che va sottolineato: lo sguardo all’interno del treno. Il viaggiatore dei racconti di Pietro Mastromonaco è ben diverso da quello che siamo ormai soliti scorgere in ogni nostro viaggio: tristemente solo, concentrato sul proprio tablet, intento a seguire in completo isolamento i video che si rincorrono uno di seguito all’altro sul proprio telefonino.

Lo sguardo è sempre intento ad una possibile ricerca, e il nostro autore, anzi, i suoi personaggi non nascondono il loro interesse per chi, giovane, piacente e disinibita, è pronta ad arrendersi alla seduzione del protagonista e a iniziare una storia di travolgente passione.

Il treno aiuta l’evolversi di questa narrazione, si fa complice alcova, o si unisce al racconto esaltandone il trascinante erotismo.

Ma anche ne favorisce la malinconica conclusione, arrivato alla stazione terminale in cui tutti devono scendere, e quel legame creatosi quasi d’incanto è destinato a dissolversi improvvisamente.

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