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Park Gattamelata in totale degrado. Pochi posti e si paga solo con il bancomat

Non è facile capire da dove si entra, si paga (1,50 euro all’ora fino alle 13.59 e 50 centesimi dalle 14 alle 6.59 del giorno successivo) esclusivamente con il bancomat, anche se l’utenza è spesso poco avvezza alla moneta elettronica.

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E il senso generale è quello di abbandono. Stiamo parlando del park multipiano in via Gattamelata accanto allo Iov (Istituto oncologico veneto).

Abbiamo provato a parcheggiare, facendo un meticoloso giro tra i cinque piani (e tre interrati) e i 600 posti disponibili. Una cosa balza agli occhi: è un parcheggio multipiano obsoleto, poco curato, a tratti fatiscente, ma è gremito di auto.

Nessuna sorpresa, considerando che serve sia l’Azienda Ospedale Università, dunque tutti i reparti ospedalieri in via Giustiniani, ma anche gli ambulatori di via Modena e lo Iov. Il che significa che non è scelto dall’utenza, ma si presenta come unica alternativa.

A lasciare l’auto nel park due grandi categorie di persone: pazienti e dipendenti sanitari. Vien da sé che i primi siano gli utenti più penalizzati.

Entrata

Se fa sorridere il grande display che campeggia sull’edificio, visibile dalla strada, ma rotto da non si sa quanto tempo, non è per nulla divertente la difficoltà di capire quale sia l’ingresso: è un viottolo stretto che si imbocca da via Gattamelata, ma la segnaletica è poco visibile, coperta e si rischia di smarrirsi. Non basta. Prima di rendersi conto, uno, del costo e, due, che si paga esclusivamente con moneta elettronica, si è già incolonnati.

Tornare indietro per un ripensamento diventa arduo, la retromarcia da “piloti” e le auto abusive in sosta lungo tutta la stradina peggiorano solo le cose. Sarà per questo che c’è la possibilità di entrare e non pagare se si esce entro i 15 minuti. Oppure questo tempo serve per cercare fisicamente il parcheggio.

Caccia alla sosta

Trovare uno stallo libero è un’operazione difficilissima. Gli schermi, questi sì funzionanti, che aggiornano i parcheggi liberi in prossimità delle sbarre d’ingresso, ovvero quanti sono e in quali piani (quando ci sono perché, va detto, il parcheggio è sempre pieno), sono una parziale e snervante informazione per l’automobilista.

All’interno quei posti non sono segnalati. Non è raro che l’automobilista entri, cerchi, cerchi disperatamente, ma non veda il posto libero. E questo per più di una ragione. Intanto a seconda dell’identikit della persona: un inesperto fa, oggettivamente, molta fatica.

Ma anche chi ha vista da aquila ed è abituato a girare in città, deve fare i conti con poca illuminazione – sia di giorno che di sera – parcheggi piccoli, pensati per le utilitarie di cinquant’anni fa più che per i Suv diffusi oggi; dunque a volte anche se intercettati, sono parcheggi impossibili da sfruttare o a proprio rischio e pericolo, già che strisciate e piccole ammaccature risultano all’ordine del giorno. L’unico sfogo è la terrazza, lì almeno si vede bene, ma il più delle volte è tutta occupata.

Condizioni pietose

La manutenzione lascia a desiderare: cartelli informativi strappati, segnaletica stradale abbandonata a terra, scale e spazi destinati ai pedoni sporchi e degradati, sacchi di sabbia abbandonati nei corridoi ed estintori scaduti da mesi.

Le segnalazioni fioccano, soprattutto da parte dei dipendenti dell’Azienda ospedaliera, ma con pochi risultati. A lamentarsi sono spesso gli abbonati, che pagano 750 euro all’anno, senza agevolazioni e senza la sicurezza di trovare posto: se è pieno, pazienza, non hanno la sosta garantita.

Bastano poche ore di osservazione per vedere coppie di anziani – pazienti, dunque persone in momenti fragili della loro esistenza, in difficoltà con il bancomat, costretti a fare marcia indietro, a volte aiutati da un passante altruista, altre lasciati al loro destino di disagio e preoccupazione

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