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Ivrea, Fragilità potente che commuove, il  Garda valorizza l’argilla e le forme

IVREA. È una mostra davvero molto interessante “Elogio della fragilità”, inaugurata lo scorso sabato 17 e visitabile fino al 14 luglio al Museo civico Pier Alessandro Garda di cui intende celebrare i dieci anni dalla riapertura al pubblico. Filo conduttore dell’esposizione è l’argilla nelle sue varie declinazioni, dalla terraglia alla porcellana, che è poi l’elemento presente in tutte le collezioni custodite al museo.

Non mente la direttrice del Garda, Paola Mantovani, ideatrice e coordinatrice della mostra, quando ne sottolinea l’intento non solo di valorizzare le collezioni permanenti del museo, ma anche di riservare al pubblico sorprese e suggestioni. Ne è testimonianza la statua funeraria acefala di un funzionario cinese (una delle 17 opere in prestito dal Museo internazionale delle Ceramiche in Faenza), che, dopo avere resistito pressoché indenne al trascorrere del tempo per dodici secoli circa, è stata gravemente menomata e bruciata dai bombardamenti del 13 maggio 1944. L’opera, esposta accanto a una fotografia che la raffigura ancora integra, nel 1934, è commovente, nella sua bellezza offesa, ed è non meno evocativa della statua di Güte (la Gentilezza), immortalata in una emblematica fotografia d’epoca che la ritrae, quasi dolente, a vegliare le rovine di Dresda dopo i bombardamenti che la rasero al suolo nel 1945.

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Un richiamo attualissimo e potente, dunque, la statua del funzionario orientale, non solo alla fragilità intrinseca dei manufatti in terracotta, ma anche alla fragilità dell’arte, nel suo complesso, quando è vittima della follia umana e della guerra.

La riflessione trova una via salvifica nell’arte intesa come riscatto, che sana e ricompone, e per questo la direttrice Mantovani ha posto accanto alla statua acefala una vaso restaurato con la tecnica giapponese Kintsugi che rappresenta una significativa metafora del concetto di resilienza. Si tratta di una tecnica antichissima, nata prima del XV secolo, consistente nella riparazione di vasellame e stoviglie rotte, grazie all’applicazione di lacche mescolate a polveri di metalli preziosi, come oro e argento, da inserire tra le crepe o plasmate nella forma del pezzo mancante: una ricomposizione che non solo ne ricostruisce l’integrità, ma esalta addirittura le cicatrici come elementi compartecipi della loro bellezza. «Una tecnica dalla valenza filosofica, – evidenzia la direttrice – in quanto il Kintsugi, rappresenta la capacità di rialzarsi sempre dopo una caduta».

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Tutto questo non è che un dettaglio di Elogio della fragilità che, sottolineano i curatori, «illumina gli oggetti delle collezioni del Museo Garda valorizzando, proponendo un confronto e creando relazioni con altre opere d’arte provenienti da importanti musei, fondazioni e collezioni private. Di grande rilievo anche le connessioni con il territorio, in particolare con la tradizione ceramica espressa dalla città di Castellamonte, attraverso le creazioni di alcuni artisti del secondo Novecento, che permettono di comprendere le evoluzioni di questo materiale duttile e trasformabile, sino all’utilizzo della stampa 3D».

La mostra unisce, attraversando le epoche, l’antichità ceramica all’arte dei canavesani Renzo Igne, Sandra Baruzzi e Guglielmo Marthyn e a quella di artisti quali Carlo Zauli, Pompeo Pianezzola, Alessio Tasca e Candido Fior: un percorso raccontato non solo nelle opere esposte, ma anche negli interessanti pannelli informativi che le corredano.

L'esposizione è visitabile dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18; ingresso: intero, 7 euro, ridotto, 5 euro.

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