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Quentin Dupieux e la geniale commedia dell'assurdo



I suoi film fanno ridere fino alle lacrime, senza rinunciare a sottolineare amare verità. L’acclamato regista francese, un tempo re della musica elettronica sotto lo pseudonimo di Mr. Oizo, parla con Panorama delle trame di cui è ideatore e sceneggiatore. Film ricchi di follia che in Francia sono un cult. E ora arrivano in Italia su varie piattaforme streaming

«L’assurdità per me è strettamente connessa alla libertà. È come quando sei bambino e immagini una storia con personaggi stupidi e a un certo punto, mentre la storia va in una direzione, cambi senza motivo le regole e diventa qualcos’altro». Quentin Dupieux, 50 anni da compiere, conosciuto dai fan della musica elettronica come Mr. Oizo, descrive così il fil rouge che lega tutti i film realizzati dal 2001 in poi nella sua seconda vita da regista: pellicole come Rubber, in cui si raccontava l’avventura di uno pneumatico dotato di poteri paranormali e di un folle istinto omicida, o Doppia pelle, storia di un uomo lasciato dalla moglie che vive nell’ossessione della propria giacca scamosciata, o ancora Mandibules - Due uomini e una mosca, dove due amici «scemi e più scemi» accettano di consegnare in auto una valigetta a un tizio in cambio di una somma di denaro, ma scoprono nel bagagliaio una mosca gigante e decidono di addestrarla per compiere un furto. Trame originali, tutte rigorosamente scritte da lui medesimo, che rivelano scene comiche capaci di far ridere fino alle lacrime senza rinunciare a dire drammatiche verità tra le pieghe dell’assurdo, e hanno catturato l’attenzione oltre che del pubblico in Francia, anche dei più celebri attori transalpini, da Adele Exarchopoulos a Jean Dujardin, da Vincent Lacoste ad Anaïs Demoustier. «Credo che accettino di lavorare con me», spiega Dupieux a Panorama «anzitutto perché i copioni e l’atmosfera sul set sono molto divertenti, i dialoghi sono di qualità, e di solito per girare un film non ci metto più di sei o sette settimane, che sono un tempo relativamente breve rispetto ad altre produzioni, ma a volte qualche attore si ferma anche solo per una settimana o due, il tempo di lavorare seriamente senza rinunciare a farsi quattro risate».

Gli ultimi lavori di Dupieux arrivano ora sulla piattaforma on demand iWonderfull (www.mymovies.it/ondemand/iwonderfull), dove si può recuperare Incredibile ma vero (è anche su Primevideo). Qui Alain (Alain Chabat) e Marie (Léa Drucker) comprano una villetta in campagna e scoprono che nella cantina c’è una botola che porta alla soffitta, 12 ore più avanti nella giornata ma più giovani di tre giorni. La donna diventa ossessionata dall’idea di ringiovanire e il tema dell’invecchiamento riemerge quando Alain invita a casa propria l’antipatico capo Gérard (Benoît Magimel) e la fidanzata Jeanne (Demoustier), e l’uomo gli racconta di essersi fatto trapiantare un pene ultratecnologico in Giappone. «Il sesso non è una cosa che mi interessa particolarmente raccontare e infatti questa è la prima volta che affronto il tema», spiega Dupieux. «E anche se Gérard rappresenta il tipo di uomo che non riesce ad accettare il passaggio degli anni, per me la cosa più triste della vecchiaia sta nel fatto che dovrebbe essere un periodo non per recuperare disperatamente ciò che è perduto, ma un periodo per fare cose divertenti insieme ai propri amici. L’unica cosa che mi rattrista veramente è quando vedo gli anziani soli». Naturalmente il tema, pur trattato in controluce, nel film diventa lo spunto per raccontare un grottesco tentativo di viaggio nel tempo attraverso il misterioso tunnel: «L’ispirazione di base per me era Ritorno al futuro, ma volevo realizzare qualcosa di molto più basico, e per questo ho pensato alla botola», dice Dupieux. «Allo stesso tempo ho pensato all’idea di proiettarsi 12 ore avanti per ringiovanire di tre giorni per confondere non solo il pubblico, ma anche i personaggi. La domanda che si pone Marie è quanto in avanti nel tempo dovrà andare per ritornare ai suoi 20 anni. Se potessi, io tornerei alla mia infanzia negli anni Ottanta: mi sentivo un bambino diverso, stavo solo, scrivevo storie e creavo musica, così a un certo punto ho detto ai miei genitori che avrei abbandonato la scuola e realizzato cortometraggi».

È stato partendo dai cortometraggi che Dupieux è arrivato a realizzare film sempre più lunghi e storie sempre più bizzarre, come Fumare fa tossire, il più episodico di tutti, in arrivo sulla piattaforma online il 19 marzo. In questa storia Benzene (Gilles Lellouche), Nicotina (Anaïs Demoustier), Ammoniaca (Oulaya Amamra), Metanolo (Vincent Lacoste) e Mercurio (Jean-Pascal Zadi) sono i membri della Tobacco Force, cinque supereroi abbigliati come i Power Ranger (e forse prendono in giro gli Avengers), che sfidano una sorta di gigantesca tartaruga che rievoca i film giapponesi con Godzilla. Dopo la vittoria, il loro capo, una specie di ratto disgustoso che sbava quando parla, li invita ad andare nella loro base superaccessoriata in riva al lago per rinsaldare lo spirito di gruppo, e gli eroi, una volta senza elmetto, iniziano a raccontarsi delle storie paurose attorno al fuoco.

«Fumare fa male è ciò che si legge sui pacchetti di sigarette, ma io volevo in qualche modo prendermi gioco di questa idea orrorifica» spiega Dupieux. «In realtà però questo è solo lo spunto per avviare una vicenda che ricorda Creepshow, il film antologico del 1982 tratto da Stephen King, con una narrazione che non è mai prevedibile ma sterza a sinistra e a destra e in cui ci si concentra sul piacere di raccontare una storia. Ovviamente volevo anche ricordare gli show televisivi giapponesi che guardavo da ragazzino e purtroppo non si fanno più. Ogni mio film introduce in un mondo particolare ed è come se stavolta gli spettatori finissero in un labirinto e dovessero uscirne. Ma prima devono sentirsi raccontare la storia più spaventosa della loro vita».

In un panorama di film troppo spesso prevedibili che alla seconda scena hanno già fatto capire allo spettatore dove andranno a parare, Dupieux si può considerare erede più burlesco di una tradizione di registi amanti del surreale, come Luis Buñuel o David Lynch, che sono una stirpe in via di estinzione: «Lynch è un fantastico artista, ma i suoi film forse sono troppo oscuri per un pubblico ampio che al cinema va solo per divertirsi. Il registro surreale mi è congeniale, ma ho il desiderio anche di far ridere il pubblico. Il segreto del successo non è puntare alla platea più vasta possibile, come fanno i film più ovvi, ma catturare una fetta di spettatori che condividano il mio sguardo sulla vita. Che è assurda e tragicamente buffa».

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