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All'Europa manca ancora l'unione

L’Europa ha raggiunto l’accordo sul Patto di stabilità: nuovo rigore ma, ancora, senza concreta unione. E il grillo «eretico» proprio non ci sta.

Non è mica cambiata, sapete. Dico l’Ue. È rimasta lei. La solita Unione europea. Forte con i deboli e debole con i forti. Antidemocratica. Burocratica. Costosa. Oppressiva. Ci eravamo illusi in questi anni, o meglio: ci avevano illusi, che si fosse trasformata come la zucca di Cenerentola quando diventa una magnifica carrozza. Ma la mezzanotte è scattata e l’incantesimo è finito: la zucca torna zucca e l’Ue torna Ue. Con la prossima entrata in vigore del nuovo patto di stabilità ce ne accorgeremo: la favola bella che oggi t’illuse e che ieri t’illuse è finita. Non è vero che l’Ue regala i soldi. Non è vero che ci salva dalla crisi. Non è vero che è generosa e magnanima. Non è vero che compie meraviglie e che, attraverso il Pnrr, ci riempie di soldi senza chiedere nulla in cambio. L’Ue ci chiederà indietro tutto. Fino all’ultimo. E infatti tornano i parametri. Torna il 3 per cento. Tornano i vincoli. E torna il «ce lo chiede l’Europa». Dovremo di nuovo svenarci e impiccarci per non dispiacere Bruxelles.

L’accordo appena raggiunto sul nuovo Patto di stabilità ci fa ripiombare dentro un incubo che sembrava finito. È vero che i nuovi accordi prevedono un po’ più di elasticità. È vero che sono state fatte alcune concessioni. Ma la sostanza non cambia: di fatto torna l’Europa arcigna che vigila sui nostri conti. Che ci impedisce di fare. E di spendere. Che ci impone norme assassine come quelle indimenticabili della stagione Monti-Fornero, con case e pensioni massacrate. Questi ultimi anni, con la pandemia e la conseguente sospensione del patto di stabilità, ci hanno fatto intravvedere per un attimo come potrebbe la nostra vita senza l’obbligo di dipendere in tutto e per tutto dai signori di Bruxelles. Non era male, no? E allora vorremmo, timidamente, avanzare un interrogativo: ma perché dobbiamo tornare in quella mortale prigione? Perché non liberarsi per sempre della gabbia Ue?

Lo so, lo so, questa è proprio una domanda da grilli parlanti. Roba da venire immediatamente schiacciati con il martello. Forse anche il nume tutelare è pentito di avermi stimolato su questi temi. Lo so che siamo in pochi, ormai, a custodire suggestioni così eretiche. Lo so che è quasi vietato pensarle. Figurarsi a dirle. Ma l’Ue, così come è stata costruita, è una trappola micidiale, un coacervo di ottusità, un’Urss che ce l’ha fatta (per ora), un’entità pachidermica e ottusa che produce infelicità e miseria. È un mostro disumano che non sa partorire norme comuni sull’immigrazione ma impone regole ferree sulla curvatura dei cetrioli. È un costoso incubo che non sa produrre sicurezza per i suoi cittadini ma produce norme a bizzeffe per regolamentare gli sciacquoni dei wc. La stessa idea di costruire un’unità partendo non dalla storia, dalla cultura, dalle radici, dalle tradizioni, ma dalla moneta è stata folle: in questi anni di euro, infatti, le distanze fra i membri dell’Ue non si sono ridotte, ma anzi sono aumentate. Ovvio: le comunità si fondano sulla memoria, sul sangue, sul sacrificio. Non sulla finanza.

La finanza le comunità le distrugge. Non le crea. E l’ultima vicenda, quella degli agricoltori, lo dimostra: l’Europa, con la sua Agenda verde, mira alla distruzione del mondo tradizionale in nome dei grandi interessi finanziari. Ancora una volta abbiamo la prova che questa costruzione europea, antidemocratica e poco trasparente, non tutela i suoi cittadini ma i grandi poteri economici, che puntano alla sostituzione del cibo tradizionale con più redditizie produzioni artificiali. Che puntano alla sostituzione dei campi coltivati con distese di pannelli solari. Ed è in quella direzione che si sta andando, nonostante le proteste, perché l’Ue come già dimostrato nella vicenda dei vaccini, è molto più sensibile ai richiami dei grandi interessi economici che a quelli dei cittadini disperati.

Di qui la domanda: ma siamo proprio sicuri di affidarci al nuovo Patto di stabilità e di rimettere il nostro futuro nelle mani di Bruxelles? Non voglio entrare nelle beghe politiche domestiche. Mi paiono poca cosa rispetto alla partita che si gioca. Non so se il Patto è davvero un patto o se è un «pacco». Non so se si poteva fare di più o se dobbiamo accontentarci perché abbiamo per lo meno evitato di tornare alle vecchie regole (ancora peggiori). Ma so che ci stiamo, di nuovo, legando a un’Europa che è nemica dei popoli. E che, purtroppo, difficilmente cambierà. E allora oso domandarmi ciò che nessuno si domanda più: ma è davvero indispensabile? Davvero oggi non si sopravvive senza Ue? Davvero la Brexit è stata una catastrofe? Davvero gli Stati singoli non hanno futuro? E perché il Giappone e il Canada, tanto per fare due esempi, sopravvivono benissimo? L’Unione è davvero necessaria? E il Patto di stabilità pure? Davvero dovremo tornare a morire per il rispetto di un parametro? O ci sarà prima o poi qualcuno che ricomincerà a dire: io non ci sto?

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