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Palazzina pericolante, 1.097 giorni da incubo nell’indifferenza di Pavia

Palazzina pericolante, 1.097 giorni da incubo nell’indifferenza di Pavia

Via Trecourt chiusa da tre anni, il complesso di case di via De Motis ancora ostaggio delle barricate anti crollo

PAVIA. Ora di pranzo del 24 febbraio 2021, le fondamenta della palazzina C di via De Motis collassano. Tre anni dopo (1.097 giorni), non si è mosso niente: l’edificio è ancora in bilico come le sorti delle nove famiglie residenti e dei loro vicini, coprotagonisti di un incubo da cui non si sono ancora svegliati nell’indifferenza dell’amministrazione comunale, che ha derubricato il fatto a spiacevole vicenda tra privati.

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Ma quest’anno ci sono le elezioni e i residenti di quella porzione di Città Giardino attendono una visita, se non una risposta da parte del sindaco uscente e dei candidati che correranno per il Mezzabarba l’8 e 9 giugno. Nel frattempo prevale lo sconforto: «Ormai l’abbiamo capito, la giunta uscente non ha intenzione di risolvere una rottura di scatole come questa. Speriamo lo faccia la prossima» dice Cristina Zaboia, che tre anni fa ha visto il suo appartamento sgretolarsi come le sue certezze: «Mi si stringe il cuore, volevo passare la vecchiaia in quella casa».

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«Solo promesse»

Tre anni di rilievi, ispezioni, sopralluoghi e valzer con imprese interessate all’abbattimento per poi dare forfait. Più di mille giorni spesi in rassicurazioni e impegni, con il sindaco leghista Fabrizio Fracassi che in consiglio comunale aveva detto: «A un certo punto dovrò fare un’ordinanza di abbattimento», così da sbloccare lo stallo che non riguarda solo i proprietari di via De Motis, in difficoltà nel sostenere le spese di demolizione. La dichiarazione risale a luglio, più di sei mesi fa: nel frattempo, decine di famiglie sono ostaggio delle barricate anti-crollo e di una situazione paradossale, che lega il loro destino a quelle dei proprietari che hanno perso casa e prospettive.

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Per contenere i danni di un collasso definitivo della palazzina pericolante, infatti, sono state montate delle transenne in via Trecourt – che corre davanti l’edificio – e sulla facciata del condominio Aler che sta alle spalle. E così il panorama che si vede dalla camera da letto di Monica Musso è sempre lo stesso da tre anni: un’imponente impalcatura che l’ha condannata a una notte eterna, visto che passa poca luce: «È una storia infinita» racconta la donna, che vive al secondo piano della palazzina alle spalle di quella pericolante. «Sono tre anni che non uso più il balcone e ai vicini del primo piano va pure peggio: la luce filtra ancora meno». Nel frattempo, la barricata è ormai diventata un ricettacolo di sporcizia e rifiuti: dalle cataste di foglie cadute ai panni volati giù dai balconi. I residenti di via Trecourt vivono lo stesso disagio: «Il sindaco ha detto che era pronto a firmare un’ordinanza di abbattimento. Chissà dove l’ha messa», dice Antonia Salis, che vive in una casa bassa con il giardino, tipica della zona. «Qualche mese fa le transenne sono state spostate sull’altro marciapiede per consentire l’accesso ai garage, ma la strada è rimasta chiusa e davvero non capisco perché. Si parla di riqualificare le aree dismesse ma intanto la zona scivola nel degrado, mentre si susseguono le promesse. Una situazione vergognosa».

Per Simone Labò, che abita poco distante, i problemi sono soprattutto tre. «Il primo è il danno economico: il valore delle nostre case si è dimezzato da quando c’è questa situazione. È un problema anche sanitario: intorno alle transenne si accumulano rifiuti e dalla palazzina abbandonata escono topi. Solo qualche settimana fa il mio cane ne ha catturato uno enorme. C’è poi la preoccupazione: non ci sono mai state date rassicurazioni sulla solidità delle nostre case e così non sappiamo se le cause che hanno causato il crollo della palazzina possano riguardare anche noi. Una cosa però è certa: manca l’ interesse a sbloccare questa situazione. Se ne sono dimenticati tutti».

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«Nessuna novità»

Nell’immobilismo generale avanza il degrado: nel giardino della palazzina pericolante l’erba alta copre rifiuti di ogni sorta, dai telai di biciclette alle reti da materasso abbandonate. L’ipotesi che i proprietari ce la facciano da soli è sempre più lontana: «Io, per esempio, 10mila euro da spendere per la demolizione non ce li ho» aggiunge Zaboia. «Il gruppo di inquilini ormai si è disunito e l’ultima riunione risale a mesi fa. Serve un intervento del Comune per chiudere questa storia».

Anche Sergio Valle, amministratore dell’edifico collassato, alza le braccia: «Non ci sono novità e non per cattiva volontà dei condomini: l’importo per l’abbattimento è alto e nessuno ci aiuta. C’è chi sta pagando ancora il mutuo di una casa che non può abitare. La situazione è difficile».

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