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Pavia, ha picchiato la compagna fino alla tortura: c’è anche un episodio di waterboarding

PAVIA. Litigi continui e violenze quotidiane in due anni di fidanzamento: nel lungo elenco di episodi denunciati da una donna di 46 anni, maestra d’asilo, c’è perfino un caso di waterboarding, una forma di tortura che consiste nell’immobilizzare una persona e versarle acqua nella bocca, in modo da simulare l’annegamento. Per questi episodi C. A., un 45enne di Pavia, rischia il processo per le accuse di stalking e lesioni aggravate: è in corso l’udienza preliminare e il 19 marzo la giudice Daniela Garlaschelli dovrà decidere per il giudizio. L’uomo, che è difeso dall’avvocata Simona Bozzi, ha manifestato l’intenzione di difendersi fino in fondo e per questo ha rinunciato a riti alternativi, come il patteggiamento.

La parte civile

La donna si è già costituita parte civile per la richiesta dei danni con gli avvocati Fabrizio Gnocchi e Marta Perduca. Le accuse sono ancora da provare, ma la procura le ha messe nero su bianco, chiedendo il rinvio a giudizio, sulla base della denuncia della donna, che lavora come maestra in una scuola di infanzia.

A sua tutela saranno omessi dettagli che potrebbero portare a una sua identificazione, anche perché i capi di imputazione fanno riferimento a comportamenti persecutori da parte dell’ex compagno che, iniziati nel 2020, andrebbero avanti ancora oggi. «Lei certamente ha ancora paura a uscire di casa, soprattutto nelle ore serali», si limitano a dire i suoi avvocati.

La fine della relazione

I capi di imputazione ricostruiscono la vicenda a partire dal 2020, quando le cose tra i due fidanzati, che stanno insieme già da un po’ di tempo, non vanno più bene.

I litigi sono sempre più frequenti. Si discute per motivi banali, per questione di soldi ma anche perché l’uomo, secondo quanto denunciato dalla donna, è troppo possessivo.

Tra il 2020 e il 2022 si collocano buona parte degli episodi. Dall’estate di quattro anni fa le minacce e le molestie si sarebbero fatte più frequenti.

Ci sono violenze psicologiche ma anche fisiche: durante i litigi, secondo l’accusa, l’uomo la colpisce a ginocchiate e a calci, tirandole i capelli. Si parla, nelle carte dell’indagine, di calci nelle gambe, di un pugno sul naso durante una discussione, di appostamenti fatti davanti alla scuola dove la donna lavora.

In uno di questi episodi il 45enne l’avrebbe inseguita in auto, dopo che lei era salita sulla sua per allontanarsi velocemente, e avrebbe cercato di farla fermare facendo manovre pericolose, sorpassandola e mettendosi davanti alla sua macchina: in questa circostanza sarebbe riuscita raggiungerla a casa e qui l’avrebbe aggredita fisicamente, tirandole calci, strattonandola e prendendola per i capelli.

I referti in ospedale

Tra gli episodi indicati nel capo di imputazione si fa riferimento anche a quanto sarebbe accaduto nell’estate del 2021: l’uomo durante un litigio l’avrebbe stretta per il collo e sempre tenendola in questa posizione le avrebbe versato dell’acqua in bocca impedendole di respirare.

In due occasioni la donna finisce in ospedale, in un caso con una mano fratturata che le comporta una prognosi di 30 giorni.

Anche la denuncia della donna, nel 2022, non cambia le cose: le persecuzioni sarebbero continuate. Al momento della denuncia la donna ha dichiarato di avere aspettato a segnalare la situazione perché sperava che l’uomo cambiasse.

Cos’è il waterboarding?

L'annegamento simulato (in inglese waterboarding), è una forma di tortura consistente nell’immobilizzare un individuo in modo che i piedi si trovino più in alto della testa, e versargli acqua sulla faccia in modo che, entrando dal naso e dalla bocca, stimoli il riflesso faringeo che provoca l’effetto di annegamento. A seconda delle tecniche di esecuzione, la tortura dell’acqua può non condurre a danni fisici permanenti, anche se in ogni caso provoca dolore estremo. Sono possibili danni polmonari, danni cerebrali derivanti dalla riduzione dell’apporto di ossigeno, oltre che danni fisici quali fratture derivanti dal tentativo di liberarsi. In ogni caso la pratica induce danni psicologici. Se i danni fisici possono durare per mesi, i danni psicologici permangono per anni.

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