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Incuria, vandali e ladri: il  Parco dell’Arte di Mantova è al tramonto

A quasi undici anni dalla posa delle prime sculture, del Parco dell’Arte è rimasto poco o niente. E quel poco che c’è è quasi irriconoscibile. Ma adesso potrebbe essere arrivata la fine per il museo a cielo aperto del parco periurbano compreso tra Sparafucile e la cartiera, almeno secondo quanto segnalato da uno degli artisti a cui il Comune ha comunicato che provvederà a eliminare la sua opera se non la riparerà a sue spese.

Museo a cielo aperto

L’iniziativa del Parco dell’Arte era stata ideata nel 2013 dall’associazione Mantova Creativa insieme al Parco del Mincio. Il suo obiettivo: valorizzare la grande area naturalistica tra la sponda nord-est del lago di Mezzo e Sparafucile. Ogni anno fino al 2017 l’associazione apriva un bando a cui partecipavano artisti di tutt’Italia.

I vincitori si aggiudicavano premi in denaro – tremila euro al primo classificato e seicento agli altri – e potevano installare le proprie opere di arte moderna, spesso create con materiali di recupero, lungo la passeggiata nel bosco.

Ladri e vandali

Fino al 2017 erano poco più di una trentina le sculture del Parco dell’Arte, ma ad oggi sono molto meno perché distrutte dai vandali, rubate o perché talmente usurate da dover essere rimosse. La maggior parte di quelle ancora in piedi hanno poco a che vedere con le originali e spesso non hanno più nemmeno la targhetta informativa su autore, titolo e anno d’installazione.

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Il degrado

L’opera del 2014 “Bamboosento” di Walter Prati e Susanna Rosellini, per esempio, ricreava un canneto colorato, «Un’installazione ambientale-sonora», si legge nella targhetta. Ora quello che ne rimane sono qualche bastoncino piegato avvolto dalle erbacce. Stessa fine per “I cerchi nel bosco” di Basile, Guassardo, Liberni e Zanfi. La targhetta recita: «Un intreccio colorato di semplici cerchi tra i rami che richiama l’organica “rete sotterranea” della crescita vegetale del bosco e la dinamicità dell’acqua che lo circonda».

In realtà ora non sono altro che dei tubi rossi ammassati a terra, sembrano scarti di un cantiere. Per non parlare dell’opera “Cerch-Jonico: punto d’arrivo d’immaginifica via consolare” di Alajimo, Canavicchio, Mommarelli e Venturi, un omaggio a Virgilio e alla sua città natale. Nel 2015, quando è stata installata, era composta da un percorso in basolato e due colonne attraversabili ispirate a quelle della via Appia. Ora le colonne sono crollate.

L’incuria

Segnalazioni di degrado dell’area da parte dei cittadini ci sono da diversi anni. Le sculture sono malandate a causa di una manutenzione, se non inesistente, quantomeno insufficiente. E più passa il tempo, più queste opere danno un senso di abbandono e incuria a un’area che invece merita una visita e attira turisti, vista anche la vicinanza dell’area camper.

Al momento non ci sono più nemmeno le panchine che erano state piazzate nel punto più panoramico del bosco, dove è possibile fermarsi per osservare lo skyline della città.

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La denuncia dell’artista

Angelo Scardino, docente di discipline plastiche e scultore, è uno degli artisti che al tempo hanno realizzato un’opera nel Parco dell’Arte, una scultura dal titolo “Paesaggi naturali”. Di recente è stato contattato dal Comune che l’ha messo davanti a un bivio: riparare l’installazione a sue spese o vederla finire nella spazzatura.

«La sistemerei volentieri – riferisce Scardino – ho chiesto che mi rimborsassero almeno i costi del materiale. Ma la risposta è stata no: il Comune dice che gli unici fondi a disposizione sono per la rimozione. Mi chiedo perché gli stessi fondi non possano essere usati come rimborso spese per il ripristino. Negli anni, nel Parco dell’Arte, non è mai stata fatta nessuna manutenzione».

Scardino aveva realizzato due opere, ma la prima, del 2014, era scomparsa dopo poco. La seconda, del 2016, oggi appare molto diversa da come l’artista l’aveva pensata e realizzata.

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