Il «no» di novemila artisti alla partecipazione di Israele alla Biennale, Sangiuliano: «Diktat inaccettabile»
Israele sia escluso con il suo Padiglione della Biennale Arti Visive di Venezia, ormai imminente – è in programma dal 20 aprile al 24 novembre. – per il genocidio in corso a Gaza. A chiederlo è un appello internazionale firmato da oltre novemila artisti e operatori culturali di tutto il mondo, avviato dal gruppo Art Not Genocide Alliance (Anga).
La petizione segue la sentenza provvisoria di gennaio della Corte internazionale di giustizia di gennaio, che ha trovato prove “plausibili” che l’attacco in corso da parte di Israele a Gaza sta violando la Convenzione sul genocidio del 1951. Tra i firmatari ci sono figure di spicco del mondo dell’arte, espositori passati e presenti della Biennale, curatori e operatori culturali, palestinesi, ma in alcuni casi anche israeliani. Come la fotografa e artista statunitense di origini ebraiche Nan Goldin. Tra i firmatari più noti anche gli artisti Carolina Caycedo, Michael Rakowitz, Rehana Zaman e l’artista britannico-palestinese Rosalind Nashashibi, nota per il suo film “Electric Gaza” (2015).
Altri nomi significativi al di fuori del mondo dell’arte includono la studiosa Ariella Aïsha Azoulay, l’economista Yanis Varoufakis e il politico e storico di origine pakistana Tariq Ali. Delle migliaia di persone che hanno firmato, 471 hanno già lavorato o partecipato alla Biennale di Venezia, tra cui gli artisti Sin Wai Kin, presente nell’edizione 2019, e Sophie Al-Maria.
Durissima e a stretto giro la risposta all’appello da parte del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: «È inaccettabile, oltre che vergognoso, il diktat di chi ritiene di essere il depositario della verità e con arroganza e odio pensa di minacciare la libertà di pensiero e di espressione creativa in una Nazione democratica e libera come l’Italia. Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo proprio in un momento come questo in cui è stato duramente colpito a freddo da terroristi senza pietà. Allo Stato di Israele, ai suoi artisti e a tutti i suoi cittadini va la mia più profonda solidarietà e vicinanza. La Biennale d’Arte di Venezia sarà sempre uno spazio di libertà, di incontro e di dialogo e non uno spazio di censura e intolleranza. La cultura è un ponte tra le persone e le nazioni, non un muro di divisione».
Nel caso dell’esclusione della Russia, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, era stato lo stesso Paese guidato da Vladimir Putin a farsi da parte. Un precedente appello di intellettuali per l’esclusione dell’Iran dalla Biennale Arte per la repressione verso le donne e gli artisti era rimasto lettera morta. Il Paese asiatico parteciperà regolarmente.
La Biennale da parte sua ha comunque conferito lo status di mostra collaterale all’esposizione “Anchor in the Landscape” del fotografo sudafricano Adan Broomberg e dell’attivista palestinese Issa Amrio che si riferisce alle fotografie di ulivi palestinesi scattate dai due artisti. “Dal 1967, un totale di 800.000 ulivi palestinesi (molti dei quali hanno più di mille anni) sono stati distrutti dalle autorità e dai coloni israeliani” , scrivono gli autori.
Israele parteciperà alla Biennale con il progetto “Motherland” dell’artista Ruth Patir, che con l’uso del 3D e insieme di antiche reliquie, confonde confini tra le epoche e le tecniche. In precedenza Israele aveva respinto la proposta di inserire nel suo programma ufficiale una mostra promossa dal Palestine Museum, istituzione statunitense con sede nel Connecticut, che aveva già allestito una mostra di arte palestinese in concomitanza con la Biennale del 2022.
Non c’è dubbio, questo punto, che la partecipazione israeliana alla Biennale si annunci molto “calda” e foriera di possibili contestazioni a Venezia. —