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Il fallimento del «modello Milano»

La Procura indaga su importanti interventi urbanistici autorizzati dal Comune. Ma al di là di presunti abusi e speculazioni, a mostrare tutti i suoi limiti è il «modello Milano» del sindaco Beppe Sala con record di inquinamento, di consumo di suolo, di traffico. E con una qualità della vita in caduta libera.

«Sono preoccupatissimo». Tel chi, direbbe un milanesone. Eccolo qui, il sindaco. Beppe Sala ammette finalmente il conclamato sfacelo? Cementificazione selvaggia, aria mefitica, immobili proibitivi, tartufesche crociate. Macché. La sua inquietudine nasce, piuttosto, dalle annunciate defezioni nell’ufficio urbanistico del comune. «Non sono per niente sereno: 140 funzionari mi hanno chiesto di cambiare lavoro» rivela Sala. Colpa del furore ideologico della procura, che s’è incaponita a indagare sull’urbanistica alla meneghina. Per il resto, a Gotham city, le cose vanno a gonfie vele. Certo, una fastidiosa e antiestetica cappa nera incombe sui tetri palazzoni. Passerà anche quella.

Le inchieste, invece, avanzano minacciose. Sono già cinque. Ed è solo l’inizio. Proprio mentre si discute del nuovo piano regolatore, i magistrati insinuano: la capitale economica è diventata la capitale della Scia. La celebre autocertificazione, insomma. A Milano, spesso, pare basti solo quella. Un’agevole «segnalazione certificata di inizio attività» al posto dell’ostico «permesso di costruire». Senza prevedere, tra l’altro, servizi e strutture per i nuovi residenti. Si può dunque alzare una torre di 27 metri dentro un cortile: come sarebbe successo in piazza Aspromonte. O edificare un grattacielo di 80 metri al posto di un angusto palazzotto di tre piani: vedi via Stresa. O far spuntare dal nulla due torri, via Crescenzago insegna. Si ipotizza una lottizzazione abusiva, invece, nel caso del Bosconavigli di via Lamarmora. Ed è stato aperto un fascicolo pure sull’abbattimento di una palazzina liberty in via Crema. Fioccano quindi gli indagati: costruttori, architetti, funzionari comunali. Tutti indispettiti dagli zelanti e antistorici ecomanettari. Nostalgici dei ballatoi e del coeur in man. Vogliono impedire il progresso, armeggiando «norme desuete». Ubbie investigative che mal si conciliano con le brame immobiliari. Le case, a Milano, sono le più care d’Italia: cinquemila euro al metro quadro in media. Inaccessibili. I comuni mortali emigrino pure nel profondo hinterland.

«Le mani sulla città». Come il celebrato film di Francesco Rosi, che racconta lo scempio edilizio di Napoli negli anni Sessanta. Niente a che vedere con la sfavillante Milano, per carità. Ma la passione per calcestruzzo e volumetrie riecheggia. E il candido Sala non ricorda certo lo spietato Luigi De Angelis. Piuttosto è «the king of greenwashing»: un turboambientalista farlocco, lo sfottono gli inviperiti cittadini che manifestano sotto Palazzo Marino. Srotolano striscioni contro la cementificazione. E denunciano l’abbattimento di alberi. Ultima prodezza: i tigli di piazzale Baiamonti, sacrificati per far nascere il Museo della resistenza. Nonostante la feroce opposizione di un gruppo di abitanti, guidati dal comico Giovanni Storti. Che arriva a citare Toro Seduto: «Quando avrete tagliato l’ultimo albero e prosciugato l’ultima fonte, vi accorgerete che non potrete mangiare i vostri soldi» motteggia il celebererrimo pedante del trio Aldo, Giovanni e Giacomo.

«Sei diventata nera, nera, nera. Sei diventata nera, come il carbon!» cantano invece i comitati sotto gli uffici del sindaco, riesumando il successo degli anni Sessanta. Era abituato alle celebrazioni, l’ex patron di Expo. Adesso malsopporta il dilagante dissenso. Milano è davvero Gotham City. Insicura. Cementificata. Velenosa. Smacco sensazionale. Proprio lui. Che da anni escogita divieti e balzelli, che finiscono solo per esasperare i cittadini e rimpinguare le casse comunali. A dispetto del deleterio ecofurore, l’aria a Milano resta pestilenziale. IQAir, azienda che produce purificatori, la piazza al quarto posto tra le le metropoli più inquinate del mondo. Davanti a Dacca, Bangladesh. Sensazionalistico? Certo. Il sindaco, interpellato dai giornalisti, si dice «seccato». Nel 2024 ci sono già stati 30 giorni di sforamento di Pm10 e Pm2,5: quasi il doppio dell’intero 2023. Allarme rosso.

«L’aria di Milano non è mai stata così tossica come negli ultimi anni» denuncia il consigliere comunale di Europa Verde e presidente della commissione Ambiente, Carlo Monguzzi. «Uno scandalo su cui il Comune irresponsabilmente non informa e non dà precauzioni sanitarie». Una recente ricerca dell’Ats, l’autorità sanitaria meneghina, conferma: il 12 per cento delle morti per cause naturali, oltre 1.600 decessi, è attribuibile all’inquinamento. Monguzzi è il più illustre e arcigno ambientalista della città, nonché leader dei Verdi. Per lo meno, fino a un mese fa. Quando viene sostituito alla guida del gruppo consiliare da un baldo giovanotto d’osservanza saliana. Il sindaco commenta beffardo: «Aria fresca». Metafora infelice, visti gli ultimi dati. Monguzzi, già lo scorso ottobre, in aula gli domanda retoricamente: «Pensi che possiamo andare avanti altri tre anni con questa incapacità della giunta?». In particolare, si riferisce all’assessora all’ambiente, Elena Grandi, sua compagna di partito: «I provvedimenti antismog non esistono. La politica di difesa della salute è frutto di incompetenza e irresponsabilità».

Le stesse doglianze dei cittadini, che le cantano al sindaco sotto le finestre del suo ufficio a Palazzo Marino. Hanno persino presentato una domanda a risposta immediata sulla cementificazione, già strillata dalle associazioni ambientaliste. Restano in trepida attesa. Secondo l’ultimo rapporto Ispra, nel 2022 il suolo consumato a Milano è aumentato di 26,01 ettari: il 24 per cento in più rispetto all’anno precedente. Perfino il Garante del verde, tre espertoni nominati da Sala nel 2021 per vigilare sull’inesorabile incedere del bitume, nell’ultima relazione bacchetta il dante causa: «Preoccupazione per l’assenza di un piano». Viste anche le «incongruenze» con il regolamento edilizio, suggerisce delle modifiche per «disincentivare il consumo di suolo». Aggiunge: «Attraverso la distruzione di questa risorsa preziosa e non rinnovabile in tempi brevi, gli effetti sui cambiamenti climatici vengono amplificati, soprattutto in ambienti già fortemente urbanizzati». Ovverosia: come insegnano già alla scuola dell’infanzia, l’unica e incontrovertibile strategia per salvaguardare il clima resta piantare alberi. O, per lo meno, non abbatterli. Invece, a Milano, sembrano una iattura. Non rendono. Anzi, costano. Poi, bisogna pure mantenerli.

Lo sa bene Palazzo Marino. La scorsa estate, pur di limitare gli onerosi sfalci, arriva a elogiare l’erba alta: «Garantisce la biodiversità». Sperando, insomma, di trasformare la negletta periferia in foresta pluviale. Sì, il verde per gli ambientalisti prêt-à-porter è solo una gigantesca seccatura. Vuoi mettere con una colata grigio pece? Al massimo, qualche alberello potrà crescere su tetti, cavalcavia o balconi. Come insegna il celebratissimo Bosco verticale di Stefano Boeri. A proposito: pure l’archistar è indagata dalla procura per il progetto della Biblioteca europea, supremo vanto di Sala. Così come la «rigenerazione» di piazza San Babila, chiusa quasi otto anni per i lavori della nuova linea della metro. Rimossi i cantieri, rimane per adesso una desolante spianata di pietra e cemento. In attesa di qualche tocco di verde. E il futuro non promette leopardiane «magnifiche sorti e progressive». Ora si dibatte della riqualificazione degli ex scali ferroviari. Che sembra ispirata, ancora una volta, ai dettami urbanistici in voga. Oppure l’ex trotto Milano. Dove sorgeranno 25 edifici e quattro torri. Unica occasione per recuperare l’esistente sembrava San Siro. Ma la melina del sindaco, unita alle sue arie da marchese del Grillo, ha indispettito pure i due club. Che meditano di costruire i nuovi stadi in periferia. «The king of greenwashing» lo chiamano i cittadini dei comitati. L’incontrastato sovrano dell’ambientalismo di facciata.

La svolta elettoral-politica arriva nel 2021, alla vigilia della riconferma a Palazzo Marino. Sala s’iscrive ai Verdi europei. Nessuno in patria fa palpitare abbastanza il suo cuore color pisellino primavera. «In passato molti hanno pensato che la questione ambientale fosse un capriccio, un tema di nicchia di quattro esaltati» premette. «Questa sottovalutazione ha creato danni devastanti e sotto gli occhi di tutti» osserva. «Ecco perché non c’è più tempo da perdere» annuncia. Palazzinari in guardia. Arriva San Beppe, patrono degli alberi da fusto. Segue giubilo green. Angelo Bonelli, futuro co-portavoce di Europa Verde, docce da novanta secondi a giorni alterni, è raggiante: «Con te costruiremo il cambiamento politico in nome della giustizia ambientale e sociale». «Vasto programma» sintetizzerebbe il generale Charles De Gaulle. Assolto da Sala ricorrendo a quintali di ecofuffa. Per convincere delle sue lodevoli intenzioni, scrive perfino un libro per bambini: Lettere dalle città del futuro. Spoiler: quelle in cui un genitore, vista l’aria pestilenziale, ha paura perfino a uscire con il passeggino. Del resto, già nel 2019, il sindaco aveva inventato l’assessorato alla Transizione ambientale. Da abbinare, per sveltire l’approdo verso questo meraviglioso domani, a quello per la Rigenerazione urbana, fu Urbanistica. Abbellimento lessicale che non incanta la Procura, che continua a indagare sugli sterminati palazzoni spuntati dal nulla. In cambio, sostengono, di modesti oneri di urbanizzazione. Caso emblematico, le Park Towers di Crescenzago: 1,5 milioni piuttosto che sei incassati da Palazzo Marino.

In compenso, si fa cassa con cittadini e pendolari. Vedi l’Area C, da cui sono state bandite le auto. A meno di non versare onerosa gabella, ovviamente: 7,50 euro. Sbandierato scopo: ridurre traffico e inquinamento. Beneficio ambientale: nessuno. Appena poche centinaia di macchine in meno al giorno. In compenso, i ticket sono serviti indubitabilmente a far cassa. Si aggiungono ai leggendari introiti per le multe: Milano è la prima città italiana, con 145,9 milioni. E all’aumento dei biglietti di bus e metro. Da abbinare, chiaramente, al provvidenziale taglio delle corse. In compenso, fioriscono le ciclabili: vanto di Sala, fanatico delle due ruote, ma cruccio dei cittadini, che smadonnano a ogni incrocio. Non è solo il traffico. Lo scorso anno ci sono state 19 vittime, tra pedoni e ciclisti. Nello straziante elenco c’è pure Cristina Scozia, travolta sulla ciclabile da una betoniera davanti alla biblioteca Sormani. La Procura ha aperto un’inchiesta. Tra gli indagati, c’è pure l’assessore alla sicurezza, Marco Granelli, che allora aveva le deleghe alla Mobilità. r peggio, con il paventato limite dei 30 orari. Meno velocità, più code e smog. A dispetto dello sventagliato obiettivo delle emissioni zero. Impresa improba. Milano soffoca. Il cemento cresce. Sala annaspa. Non gli resta che seguire il suggerimento dell’estroso concorrente di Portobello. Nel lontano 1978 propose di spianare il m

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