La mostra “Amazônia” di Salgado a Trieste: «Un privilegio per la città»
TRIESTE Aprirsi alla meraviglia di una natura compromessa. In un mondo dove crisi climatica e degradazione degli ecosistemi sono indiscussi, lo sguardo di Sebastião Salgado, fotografo brasiliano di fama internazionale, invita a una presa di una coscienza collettiva con la sua nuova mostra “Amazônia” (promossa dal Comune di Trieste con il supporto di PromoTurismo e il Trieste Convention and Visitors Bureau, co-organizzata da Civita Mostre e Musei e Contrasto, tra i partner Zurich e illycaffè) inaugurata mercoledì 29 al Salone degli Incanti: un viaggio di 7 anni, in bianco e nero, per catturare la meraviglia della foresta amazzonica brasiliana e ritrarre i popoli indigeni che la abitano.
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Polmone verde del Pianeta, già trasformato irreversibilmente per il 20% (report Raisg), “Amazônia” immerge il visitatore in foto-paesaggi sospesi in aria e “ocas”, case-indigene dedicate alle storie delle popolazioni native. Foto a volo d’uccello – racconta, ieri, Lélia Wanick Salgado, curatrice della mostra – richiamano da subito alla vastità dell’ecosistema, esteso in ben 9 Paesi dell’America latina.
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E accanto alle “Vedute aeree” si staglia, poi, la risorsa idrica, protagonista del fenomeno de “I fiumi volanti”, corsi d’acqua che si formano sopra la giungla amazzonica per l’alto tasso di umidità, e delle “Piogge torrenziali”, acquazzoni burrascosi e temibili. E ancora le “Montagne”, avvolte nella nebbia con i pendii inferiori ricoperti dalla foresta pluviale, fanno una sezione a sé nella mostra: «I monti, in Brasile, sono sottovalutati ma proprio lì si trova la vetta più alta, il Pico De Neblina», riferisce la curatrice.
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Per finire, nella prima parte, uno spazio per le “Anavilhanas – Isole nella Corrente”: arcipelago con più di 300 isole che emergono dalle acque scure del Rio Negro. Non solo foresta, poi, tra gli scatti di Salgado, ma anche natura umana con i ritratti di 13 tribù indigene, ripresi in momenti di vita quotidiana e corredati da interviste video. Insieme alle foto anche dei filmati sull’“Amazônia”: due proiezioni rendono omaggio, infatti, ai paesaggi e al racconto degli indigeni, accompagnate dal poema sinfonico Erosão del compositore brasiliano Lobos e dalla musica di Stroeter.
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«Questa è una mostra dell’arte di Dio, dell’equilibrio universale che dovrebbe caratterizzare il nostro rapporto con tutto quello che ci circonda», commenta Giorgio Rossi, assessore alle Politiche della cultura e del turismo. Uno sguardo, quello di Salgado, che non si ferma soltanto al visivo ma accoglie la meravigliosa sonorità della foresta amazzonica con canti degli uccelli, fruscii degli alberi, pianti degli animali e scrosci delle acque: una colonna sonora, composta da Jean-Michel Narra, che immerge il visitatore in un’atmosfera unica. Salgado è un maestro della divulgazione scientifica, riporta Roberto Koch, editore di Contrasto: «Ci insegna che con la fotografia possiamo capire il mondo, percorrerlo, comprendere i suoi drammi profondi e la sua bellezza incontaminata. Una grande fotografia umanista che ci mostra come non esistano sogni solitari».
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Anche il sindaco Roberto Dipiazza esprime «il privilegio, per la città di Trieste, di ospitare Amazonia», richiamando le «grandi capacità emotive e visionarie» di Salgado. Un legame con la città «raffinato e profondo» che ritorna, infine, nelle parole del fotografo di fama internazionale – presente all’inaugurazione – con la menzione del sostegno di Illycaffè all’Instituto Terra, organizzazione no profit dei Salgado dedicata allo sviluppo sostenibile della Valle del fiume Doce. Azioni di riforestazione importanti avviate anche insieme a Zurich Forest, con l’obiettivo di piantare 1 milione di piante di 120 specie endemiche, nell’arco di 8 anni, per sostenere la foresta nativa.