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Ripescato dal fiume: Pittarello era al volante con la cintura allacciata e i finestrini aperti

Ripescato dal fiume: Pittarello era al volante con la cintura allacciata e i finestrini aperti

L’ex compagno di Sara uccisa a coltellate prima di lanciarsi con il furgoncino in auto nel Bacchiglione ha gettato il telefono fuori dall'abitacolo

Ore 16.22 del 29 febbraio, il corpo di Alberto Pittarello di 39 anni viene portato a galla dai vigili del fuoco. È la parola fine a una tragedia familiare, l’ennesima che scuote la provincia.

L’uomo, martedì 27 mattina, ha ucciso a coltellate la compagna Sara Buratin, 41 anni, colpendola con più di venti fendenti, poi col suo furgone si è diretto verso il Bacchiglione a Ca’ Molin di Bovolenta e a forte velocità ha sterzato verso il fiume.

Lì erano iniziate subito le ricerche ma le due recenti piene, a mezzanotte e all’alba, avevano sconsigliato qualsiasi ripresa delle operazioni. Poi verso le 13.30 si è deciso di ricominciare. La scelta è stata presa dal comandante del nucleo Sommozzatori di Venezia che ha ritenuto ci fossero i presupposti per tentare. Si è deciso di lasciare sul letto del fiume il furgone e di provare a prelevare il corpo.

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Usato un sistema ombelicale

Si è operato con un sistema ombelicale denominato Siacs (Sistema di immersione alimentato e controllato dalla superficie). Il Nissan 7 posti era stato individuato da un ecoscandaglio il giorno prima. Quando i sommozzatori sono arrivati a 5 metri di profondità hanno potuto vedere a fatica - la corrente e l’acqua fangosa non garantivano una visuale limpida - che il mezzo era capovolto.

Pittarello è stato trovato seduto sul posto di guida, con la cintura di sicurezza allacciata e i finestrini aperti. Li ha aperti forse prima della sterzata verso la morte, dopo aver gettato il cellulare fuori dall’abitacolo, 200 metri prima. Due sub hanno raccolto il corpo trascinandolo con fatica fino a riva.

Qui è stato avvolto in un sacco blu e portato in un tratto dell’argine dove è stato riconosciuto in modo certo dal fratello Stefano. La salma, ora a disposizione della magistratura, è stata portata via dall’impresa funebre. Il sostituto procuratore deciderà ora se effettuare l’autopsia. Le operazioni sono state seguite da un centinaio di persone, non appena si è diffusa la voce che si era deciso di riprendere le ricerche.

«Atteso il momento giusto»

«Il veicolo è stato individuato con un radar e il responsabile del soccorso ha deciso quando era possibile intervenire», sottolinea il comandante dei vigili del fuoco di Padova, Giuseppe Lomoro, «è stato ispezionato il mezzo ed è stato visto il corpo, quindi si è deciso di recuperarlo. Ora la vettura è stata agganciata con una corda. Verrà recuperata quando ci saranno le condizioni di maggior sicurezza. Diciamo che questa ora non è una priorità, lo era invece recuperare il corpo. I nostri sommozzatori veneti sono molto specializzati, vengono chiamati anche per interventi in grotte sottomarine ad assolvere a tristi compiti e sono abituati a lavorare in ambienti bui come è stato in questo caso. Si ipotizzava una visibilità inferiore ai 20 centimetri».

Era stata la stessa Procura, mercoledì, a imporre lo stop alle ricerche quando dai vigili del fuoco era emersa la difficoltà dell’operazione che metteva a rischio di incolumità gli operatori. Il timore era che potesse ripetersi il caso della tragica morte di Rosario Sanarico, perito nel 2016 durante una immersione per cercare il corpo di Isabella Noventa. Che la vettura Nissan 7 posti di proprietà di Pittarello fosse finita nel fiume era ormai fuori di dubbio.

Localizzazone del telefono decisiva

Dopo aver rinvenuto il cadavere della ex compagna Sara, che viveva da 15 giorni a casa della madre per una crisi nella coppia, occorreva trovare lui. Che dall’abitazione di viale Italia a Bovolenta se n’era andato alle 10.35, come confermato da alcuni vicini di casa.

Dopo l’individuazione del cellulare, rilevato con il Gps, i carabinieri del Reparto investigativo, assieme al magistrato Sergio Dini, sono arrivati nel tratto arginale trovando dei pezzi del parafango dell’auto che riportavano nella parte interna un numero seriale. Fatto visionare a un carrozziere specializzato, è subito risultato essere del modello del furgone di Pittarello.

Le possibilità che lui non fosse all’interno dell’auto erano molto remote. Anche perché per compiere la manovra e arrivare dalla strada asfaltata fino all’acqua del Bacchiglione, dopo il salto di almeno un metro, dove si è spezzato il parafango e le ruote si sono affossate nel tratto piano dell’argine, inzuppato dalla pioggia che cadeva da ore, bisognava accelerare. Solo una persona al volante poteva farlo: era quindi improbabile che avesse fatto finire l’auto in canale per fuggire a piedi.

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