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Essere o non essere umani: «Ripensare l’uomo tra scienza e altri saperi»

Destinazione uomo è il tema della conversazione che riporta a Dedica30 oggi, venerdì primo marzo, nel teatro Zancanaro di Sacile, alle 20.45, Björn Larsson uno degli autori svedesi più noti anche in Italia, autore del recente Essere o non esasere umani. Dialogherà con lo scrittore, giornalista culturale e conduttore radiofonico Paolo Di Paolo. È stato invece annullato e rinviato l’incontro con lo scrittore algerino francofono Yasmina Khadra. Pubblichiamo una parte dell’introduzione al libro per gentile concessione dell’autore e dell’editore Raffaello Cortina.

In uno dei suoi apologhi filosofici Voltaire porta in scena due personaggi, due pensatori di professione. Li vediamo passeggiare in campagna, discettando sul senso della vita. Discordano su quasi tutto, tranne che su un punto: non conoscere lo scopo dell’esistenza è motivo di frustrazione, addirittura di infelicità. A un certo punto si imbattono in una contadina che lavora un campicello sul ciglio della strada. Uno dei due propone di interrogare lei. Trovatisi d’accordo, una volta tanto, si avvicinano alla donna e le si rivolgono con ogni cortesia: quale poteva essere, a suo giudizio, il senso dell’esistenza? Quella li fissa, esterrefatta. Non ha neppure capito la domanda.

“Eccoci serviti...” commenta l’autore di quella trovata (in pratica lo stesso Voltaire, mentre l’interlocutore, a quanto pare, era Rousseau): “Sarà meglio capire il problema e non trovare la risposta o non capire neppure la domanda?”. Ci hanno provato in molti a dare una risposta. Una delle più stimolanti è quella di Wittgenstein: il senso della vita è vivere in modo tale da non doversi mai porre il problema. Non si può dire che nel privato lui ci sia riuscito molto bene, ma probabilmente avrebbe dato ragione alla contadina di Voltaire.

Quanto a me, avrei tanto voluto attenermi a quel consiglio! E invece ho passato buona parte della mia esistenza adulta a interrogarmi sull’esistenza umana e sul suo significato, alla ricerca di risposte, nella mia triplice veste di uomo, narratore e studioso. In particolare, nella vita come nell’opera, ho cercato di mostrare che la libertà e il libero arbitrio non sono illusioni, che non sono “soltanto” sentimenti o desideri soggettivi, meri epifenomeni, come hanno sostenuto in molti, filosofi e scienziati, bensì caratteristiche e possibilità reali della vita umana. In ciascuno dei libri e degli articoli che ho scritto ho tenuto a ribadire, prove alla mano, che il margine di autonomia concesso agli esseri umani nel pensiero e nella condotta trascende i determinismi e i vincoli di ordine naturale e sociale.

In un primo tempo, se devo essere sincero, mi interessavano soprattutto la mia libertà personale e quella dei miei amici più stretti. La libertà degli altri, individuale o collettiva che fosse, veniva dopo. Poi, con il passare degli anni, lavorando al mio trattato di semantica, Le bon sens commun, e quindi mettendo mano al saggio in cui parlo del mio personale percorso biografico, Bisogno di libertà, ho finito per capire che il mio margine di iniziativa individuale dipendeva in modo ineludibile dall’autonomia altrui; anzi, che invocare i concetti di libertà o di libero arbitrio non aveva senso se non in relazione ad altri esseri umani, nell’orizzonte della coesistenza interpersonale. Oggi, peraltro, mi è molto più chiaro che il nostro quantum di libertà potenziale non si manifesta in astratto, non è sospeso nel vuoto, ma è necessariamente intrecciato ad altre facoltà umane come la coscienza, l’immaginazione, la significazione e la conoscenza, con le quali ha molto a che vedere. In Essere o non essere umani cercherò di chiarire come funzionano questi rapporti e queste interdipendenze per tentare di rispondere a tre quesiti: in che cosa consiste l’umanità dell’uomo, che cosa significa essere umani e che cosa l’umanità dovrebbe significare, insomma come “ci” converrebbe vivere in quanto esseri propriamente umani – la domanda in assoluto più difficile.

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