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Liliana Resinovich, lo sfogo di Visintin: «Basta denigrare la figura di mia moglie»

TRIESTE «Basta denigrare la figura di mia moglie». Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich, ha perso la pazienza. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la presenza di Claudio Sterpin in cimitero, il giorno della riesumazione della salma della 63enne, con tanto di cartello con frasi d’amore lasciato sulla tomba.

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«Quello era un momento di grande intimità, di grande dolore», sostiene: «Dopo due anni veniva riesumata la salma della donna con la quale ho condiviso 32 della mia vita e nessuno aveva il diritto di rovinare quella circostanza, di venire lì a cercare visibilità».

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Sul caso i riflettori non si sono mai spenti. Le trasmissioni che dedicano spazio al “giallo di Trieste” continuano a macinare ascolti. In molti sollevano ancora dei sospetti sulle responsabilità di Visintin, sebbene non sia mai stato indagato e non lo sia neppure ora, quando alcuni degli accertamenti prescritti dal gip dopo aver rigettato la richiesta di archiviazione della Procura sono già stati eseguiti.

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Se, fin qui, fosse emerso qualcosa di diverso rispetto alla prima fase dell’indagine, forse un nome sarebbe finito sul registro degli indagati.

«Io non mi preoccupo per quello che dicono di me, per i sospetti che ancora alcune persone continuano ad alimentare - spiega Visintin -, ma ci tengo a tutelare la figura di Liliana e, se sarà il caso, ricorrerò anche alle vie legali».

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A detta di Visintin «per esibizionismo, Sterpin si è spinto riferendo dettagli che nessuno gli aveva chiesto, che io metto anche in dubbio, ma che comunque era inutile fornire e che vanno a restituire di Liliana un’immagine lontana da quella che era la realtà».

Il riferimento è ai luoghi dove Sterpin e Liliana si sarebbero incontrati, alle loro abitudini. «Ha raccontato di incontri in soffitte, cantine e furgoni - così Visintin -, di bagni in vasche idromassaggio, di Lilly che si sedeva sulle sue ginocchia: tutti elementi che nulla hanno aggiunto alle indagini e che, anche se fossero veri, a Liliana non avrebbe mai fatto piacere venissero spiattellati in tutte le trasmissioni televisive».

«Mia moglie era una persona riservata - continua-, di buon gusto, che si sarebbe vergognata di ascoltare simili parole, quindi chi si vanta raccontando dettagli pruriginosi semplicemente non aveva capito nulla di Lilly e denigra la sua figura».

C’è poi un altro aspetto ad aver turbato Visintin: «Mi è stato riferito che all’interno della bara, ora che si è proceduto con un nuovo esame autoptico, il corpo è stato trovato dentro il sacco mortuario e sul fondo della cassa c’erano uno straccio, un pezzo di cartone, del materiale di plastica. Perché questa trascuratezza?».

La nuova testimonianza

Nelle ultime ore, tra l’altro, è sputata anche una nuova testimonianza resa dalla titolare di una struttura ricettiva, dove i coniugi Visintin avrebbero in più occasioni trascorso alcuni giorni di vacanza, instaurando con lei anche un rapporto di amicizia.

La donna - stando a quanto riferito mercoledì sera nel corso di una trasmissione televisiva - ha raccontato di un rapporto non così idilliaco tra i due, tanto che Liliana le aveva espresso il desiderio di avere una camera con letti separati. L’albergatrice, inoltre, sostiene di aver chiamato Visintin dopo la scomparsa di Liliana per avere notizie.

E lui, facendo riferimento a quanto accaduto alla moglie, avrebbe parlato di «un incidente», per poi ritrattare dicendosi confuso. Questa testimonianza, per ora, non è agli atti.

«Non ho idea di chi sia e a cosa faccia riferimento questa donna che dopo due anni - conclude Visintin - spunta con questo racconto: se riteneva questi dettagli importanti perché non li ha riferiti in precedenza agli inquirenti?».

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