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Piscina terapeutica di Trieste, l’iter avanza: «Opera condivisa con l’utenza»

La spianata ove un tempo sorgeva la piscina terapeutica è stata coperta d’asfalto. Contrariamente alle apparenze, non è il preludio tombale alla sua trasformazione in parcheggio, ma un’ottemperanza del Comune a richieste della Soprintendenza. E proprio dal municipio arriva anzi conferma del fatto che – lemme lemme – il procedimento per la ricostruzione prosegue: il prossimo passo, annuncia l’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, sarà incontrare il comitato degli utenti e dei famigliari.

Un mese fa davamo notizia della consegna del Documento di indirizzo della progettazione (Dip), da parte della società Serteco di Tavagnacco, titolare l’ingegner Enrico Beltrame. Il documento non è ancora stato approvato, spiega Lodi, ma tanto l’assessore quanto il sindaco Roberto Dipiazza l’hanno preso in esame: ora è al vaglio degli uffici. Dice la titolare dei lavori pubblici: «Il passo successivo sarà un confronto con il comitato, dopo il quale passeremo alla progettazione esecutiva. Stiamo vagliando con molta attenzione il progetto perché vogliamo che dia risposte serie alle esigenze dei cittadini negli anni».

Per volontà del Comune il coordinamento si è confrontato con la società friulana già in fase di elaborazione della fattibilità, spiega la portavoce Federica Verin: «Il progettista è stato molto ricettivo, ci siamo confrontati a più riprese e gli abbiamo fornito tutta la documentazione che avevamo già dato al Comune», dice. Il comitato chiede una serie di specifiche che tengano conto dell’utenza della terapeutica, quindi disabilità fisiche, visive, uditive, intellettivo-relazionali. Parliamo ad esempio di segnaletica con immagini, rete per gli impianti cocleari, «in sostanza la possibilità per ogni utenza di muoversi autonomamente all’interno della struttura», dice Verin.

Le insidie progettuali non mancano. Dei cinque milioni a disposizione per il progetto, 800 mila sono andati in demolizioni. Il Comune ne ha dovuti spendere poi altri 140 mila per i rilievi sulle fondazioni della piscina: dovendone realizzare una nuova, è necessario andare a constatare di che tipo e in che condizioni siano le fondazioni della vecchia struttura. Avanti di questo passo, è plausibile che il Comune vada a chiedere un altro sostegno alla Regione per venire incontro alle spese.

A questo si aggiunge la parte demaniale della questione. L’area su cui sorgeva la piscina è demanio marittimo: l’Autorità di sistema portuale ha affermato più volte la sua disponibilità a consentire uno sviluppo urbano di quella parte di città, sicché non ha alcuna mira sul mesto ground zero della Sacchetta. Ciononostante quello spazio è soggetto al piano regolatore dell’Adsp, che prevede al momento volumi pari a quelli della vecchia Acquamarina. Non c’è lo spazio per una piscina che abbia le quattro vasche richieste dal coordinamento e che sia all’altezza degli standard di settore. Anche qui ci sono opzioni. Una modifica al piano regolatore portuale, che allungherebbe di molto i tempi. O un progetto a più lotti, che preveda una estensione in un secondo tempo. Il tempo è poi il nocciolo di tutta la questione, visto che la piscina è crollata nel 2019. —

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