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Addio a Mario Zara, il maestro di piano stroncato da un infarto: aveva 62 anni

Addio a Mario Zara, il maestro di piano stroncato da un infarto: aveva 62 anni

foto da Quotidiani locali

Tutti hanno imparato da lui, o quasi. Mario Zara, scomparso improvvisamente a 62 anni, ha insegnato a suonare il pianoforte a generazioni di musicisti locali, che da lui hanno imparato, oltre che la tecnica, l’amore per la musica e la sensibilità nei confronti dello strumento. Anche grazie alla sua naturale gentilezza che lo faceva amare molto facilmente. Nato a Tortona il 9 novembre 1961 (abitava a Voghera), ha inciso una ventina di dischi collaborando anche con i più importanti musicisti della scena jazz italiana, si è esibito nei principali festival del genere ma, soprattutto, ha insegnato in tutte le scuole di musica della provincia (il conservatorio “Vittadini” di Pavia, l'accademia musicale "Città di Stradella", la civica scuola di musica "Sacerdoti" di Voghera e la scuola “Nota Blu” di Tortona) dove era, come detto, amatissimo.

Il funerale si è tenuto venerdì alle 15 alla chiesa parrocchiale di Volpedo.

Anche se negli ultimi anni si era trasferito a Novara, di recente era tornato ad abitare a Voghera e tanti colleghi e studenti, in queste ore, lo stanno ricordando: «Mario – dice Giorgio Macellari – è stato un musicista di eccezionale levatura, dotato di una notevole sensibilità espressiva, e non lo devo certo sottolineare io: chi ha avuto la buona sorte di collaborare con lui, e anche tutti coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo in una delle tue performance, glielo hanno sempre riconosciuto. Così come gli hanno riconosciuto un'altra dote: la capacità di adattarsi nel migliore dei modi a contesti musicali ben diversi tra loro. Era un po’ orso, ma un orso buono, che sul palco trasmetteva sempre tranquillità e sicurezza. Per me è stato un onore averlo conosciuto e aver collaborato con lui». «Per Mario – racconta Yuri Domenichella, suo allievo e oggi docente di piano alla “Sacerdoti” di Voghera – la sensibilità e l’umanità venivano prima della tecnica, e questo in tutti gli ambiti in cui si muoveva: sul palco, nell’insegnamento e nella composizione. Stimolava nei suoi alunni e nel pubblico l’elemento sentimentale, arrivava dritto al cuore delle persone attingendo spesso a quella vena malinconica e nostalgica che lo caratterizzava». E se i suoi allievi in zona sono stati tanti, a Voghera c’è anche uno dei suoi maestri, il jazzista Umberto Petrin: «Ci siamo conosciuti nella seconda metà degli anni Ottanta, – dice il pianista – quando è venuto a lezione da me per approfondire l’universo del jazz ma senza sapere di voler fare il musicista della vita. Mi è stato chiaro fin da subito che avesse un grande talento, e l’ho accompagnato nel percorso finché non siamo diventati prima amici e poi colleghi. Era molto raffinato e introspettivo, è vero, ma al contempo, grazie alla sua sensibilità e generosità, riusciva a mantenere aperto il canale di comunicazione con il pubblico. Spesso il jazz fatica a coinvolgere lo spettatore, e questo per Mario era un ostacolo da abbattere: il suo obiettivo era quello di raggiungere il pubblico, di raggiungerlo nell’intimo. E devo dire che ci riusciva benissimo».

serena simula

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