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Per lo Scettro di Carlotta scatta l’ora del restauro in vista del suo ritorno al Castello di Miramare

Per lo Scettro di Carlotta scatta l’ora del restauro
in vista del suo ritorno al Castello di Miramare

foto da Quotidiani locali

TRIESTE Sono iniziate, nel cuore dell’impenetrabile caveau della Fondazione CRTrieste, le operazioni di restauro dell’inedito tesoro storico che da questa primavera verrà esposto nel Museo del Castello di Miramare: lo Scettro di Carlotta.

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Come attesta il documento accompagnatorio, si tratta del segno di “amore e riconoscenza” donato dalla Comunità di San Juan del Río in Messico a Carlotta del Belgio (1840 - 1927), imperatrice del Messico e moglie di Massimiliano d’Austria.

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Passato successivamente nelle mani del fratello di Carlotta, che lo donò a sua volta al barone Adrien Goffinet, lo scettro è stato messo all’asta a Montecarlo nel luglio del 2023 e prontamente acquistato dalla Fondazione CRTrieste per 120 mila euro.

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Tornato a Trieste a fine agosto, lo Scettro di Carlotta - assieme all’astuccio e al cartiglio - viene ora custodito proprio nel caveau dell’ex Cassa di Risparmio, dove la banca teneva a suo tempo le cassette di sicurezza per i correntisti. Convertita in quadreria, la camera blindata ospita alcune opere non esposte della Collezione Grom e della stessa Fondazione CRTrieste. E, da lunedì, è diventata per l’appunto anche il laboratorio delle due restauratrici Anna Collarin ed Evita Pedron, che si occupano rispettivamente dello scettro e della sua custodia.

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«Nel complesso le condizioni erano molto buone», spiega Collarin, bellunese, restauratrice specializzata in metallo, vetro e ceramica, mentre esamina il prezioso scettro decorato con filigrana d’oro, fregi e fiori, con diamanti, rubini e smeraldi incastonati: «Le leghe d’oro sono molto stabili e, al contrario di ferro e bronzo, resistono alla corrosione. Lo scettro, pertanto, presentava solamente alcune alterazioni cromatiche dovute alle formazioni di sali, che sono scomparse con la pulitura. I principali problemi riscontrati sono dovuti alla presenza di qualche deformazione: alcune delle ghiande erano ritorte e una delle foglioline riportate alla planarità era completamente ripiegata su se stessa. In fase di restauro, poi, abbiamo notato che la calotta della corona presentava una leggera deformazione, che in questo caso non è stata corretta del tutto, ma ora a occhio nudo è quasi impercettibile».

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La custodia, che viaggiava assieme allo scettro, versava invece in condizioni peggiori: «In generale i tessuti sono molto fragili, proprio per la natura dei filati stessi», commenta dal canto suo Pedron, che come restauratrice di tessuti si è occupata nella propria carriera di ogni genere di reperti, dagli arazzi di oltre 10 metri ai calzari tipici dei nativi americani decorati con aculei di porcospino.

«Sulla parte esterna della custodia in velluto blu con delle punzonature a caldo si possono notare numerose abrasioni dovute a manipolazione e sfregamento, particolarmente evidenti sul retro, la parte d’appoggio. Aprendolo, poi, vediamo che anche la seta color beige del fondo dove poggiava lo scettro e delle ante interne appare strappata e leggermente sollevata lungo i margini di apertura», mostra la stessa Pedron, che sottolinea come proprio grazie a queste lacerazioni sia stato possibile vedere l’interno di un’anta: una leggerissima imbottitura di cotone grezzo e una foderatura in carta. «Dopo la micro-aspirazione abbiamo passato dei gommini in poliuretano per abbassare la parte di deposito grasso. I prossimi interventi saranno l’inserimento di tessuti tinti a tono nelle zone lacerate e sulla parte superiore nonché numerosi piccoli ritocchi al velluto blu, ridipinto ad acquerello per una maggiore omogeneità».

Una volta concluse tutte queste delicatissime operazioni, lo scettro e la sua custodia faranno mostra di sé assieme al documento accompagnatorio in una delle sale del Castello di Miramare, arricchendo così il museo e la città tutta con una nuova straordinaria testimonianza del passato asburgico di Trieste.

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