Bambina maltrattata a Ronchi, le due maestre arrestate scelgono il silenzio
RONCHI Si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Le maestre indagate per presunti maltrattamenti alla bambina affetta da disabilità cognitiva frequentante la scuola per l’infanzia comunale di Ronchi dei Legionari, assistite dai propri difensori hanno scelto quindi di non rispondere alle domande, nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, tenutosi al Tribunale di Gorizia. Tecnicamente, la facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio è un diritto garantito all’indagato, quindi «non può mai costituire una causa ostativa alla riparazione».
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Diritto di difesa
Il silenzio al momento dell’interrogatorio, per qualsiasi motivo, rappresenta una scelta dell’indagato insindacabile e costituzionalmente garantita. Non rispondere, pertanto, non equivale ad un’ammissione di colpa, ma ad un’opportunità che attiene al diritto di difesa. È anche l’espressione di una specifica linea difensiva, concordata con il proprio avvocato di fiducia, rispetto alle accuse contestate. Nella fase di indagini preliminari, come nel caso delle insegnanti, l’indagato e il suo difensore non possono ancora accedere e conoscere “le carte”, in sostanza cosa “ha in mano” la pubblica accusa e quali siano gli elementi raccolti. Tra le regole previste, rientra anche l’avviso all’indagato che tutto ciò che dirà potrà essere utilizzato contro di lui.
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La titolare della sezione, cinquantenne, di grande e apprezzata esperienza, nonché capacità professionale, e la collega, di 29 anni, insegnante di sostegno che aveva in affidamento la bimba, con i propri difensori di fiducia, hanno convenuto che in questo momento fosse meglio, e “prudenziale”, non fornire dichiarazioni.
Le valutazioni degli avvocati
L’avvocato è il garante dell’interrogatorio, deve infatti accertarsi che tutto venga svolto in modo corretto e conforme alla legge, in particolare a tutela del proprio assistito. Rispetto a indagati sottoposti alla misura cautelare dei domiciliari, l’interrogatorio serve per verificare la permanenza delle condizioni che legittimano la restrizione. Restrizione cautelare per la quale, peraltro, la difesa può comunque ricorrere al Tribunale del Riesame, ai fini della restituzione della libertà.
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Nel caso specifico, spetta dunque agli avvocati di fiducia, assieme alle proprie assistite, valutare ogni scelta prevista dalla legge, nella condivisione della strategia difensiva.
Il materiale videoregistrato
La scelta di non rispondere, in senso teorico, fa pensare in particolare al materiale videoregistrato raccolto dai carabinieri che, nel corso delle indagini, hanno monitorato i locali della struttura scolastica attraverso l’installazione di telecamere. Materiale importante e sicuramente delicato, al quale la difesa non può ancora avere accesso. A questo punto, le insegnanti manterranno la misura domiciliare fino a disposizioni diverse, e di legge, da parte dell’autorità giudiziaria.
A disporre la misura cautelare è stato il Gip, che ha accolto la richiesta della Procura, in relazione al pericolo di reiterazione del reato. I carabinieri lunedì hanno quindi raggiunto le abitazioni delle maestre per dare esecuzione all’ordinanza del giudice.—