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La Slovenia precetta i medici in sciopero

La Slovenia precetta i medici in sciopero

foto da Quotidiani locali

BELGRADO Una mezza precettazione, letta come una provocazione dal sindacato, che invece che abbozzare rilancia sul fronte di uno sciopero-fiume, ormai il più lungo della storia nazionale della vicina Slovenia. Oltreconfine prosegue infatti l’interminabile protesta dei camici bianchi del sindacato Fides, iniziata addirittura lo scorso 15 gennaio, con crescenti disagi per pazienti e degenti negli ospedali nazionali e ritardi crescenti nelle visite programmate, mentre il tavolo delle trattative continua a non produrre alcun risultato concreto. Da qui la decisione del governo guidato dal premier Robert Golob di passare alla linea dura, dopo che i medici in sciopero avevano evocato – e la minaccia si sta attuando – di revocare il proprio consenso al lavoro straordinario.

Si spiega così il decreto governativo, entrato ieri in vigore, che riguarda i «servizi medici da fornire durante uno sciopero», attività obbligatorie che anche i medici irriducibili dovranno esercitare, si legge in una nota dell’esecutivo. Dato che lo sciopero indetto da Fides «è entrato nella sua settima settimana e non è prevedibile stabilire quanto durerà, il governo ha deciso di indicare quali servizi medici debbano essere garantiti, almeno in una certa misura», in modo da bilanciare «le azioni degli scioperanti con le garanzie dei diritti umani fondamentali», precisa il comunicato dell’esecutivo di Lubiana, elencando quali servizi dovranno assicurare i camici bianchi, malgrado lo stato d’agitazione.

Fra i compiti primari da fornire rientrano così i check-up urgenti in ospedale, ma anche tutte le visite non posticipabili alla luce di «un pericolo imminente» o di «conseguenze estremamente serie per la vita e la salute delle persone», oltre alle visite dei medici del lavoro. Non è finita. Andranno rispettati in particolare i bisogni dei «più vulnerabili, come anziani e disabili», minori, pazienti psichiatrici e veterani, i cui diritti non possono venire violati dall’esercizio di un altro diritto «costituzionalmente garantito, quello di sciopero». «L’obiettivo del governo è esclusivamente quello di proteggere le persone e il loro diritti umani di base, garantiti dalla Costituzione», ha precisato la ministra slovena della Salute, Valentina Prevolnik Rupel, commentando la mossa del governo sullo sciopero e su altre severe misure adottate su turni, reperibilità e guardie mediche. Mossa preceduta da un appello-minaccia, caduto nel vuoto, lanciato dallo stesso Golob, che aveva ammesso di «comprendere il modo con cui i medici» di Fides «lottano per la loro posizione economica, ma è inaccettabile farlo a spese dei pazienti».

Ma il rigore del governo potrebbe ottenere – anzi, otterrà sicuramente effetti opposti. Non ci sono «basi legali» per il decreto, ha criticato l’Ordine dei medici. L’esecutivo «sta chiaramente utilizzando pratiche illegali e la coercizione per fermare o limitare lo sciopero» in corso, ha stigmatizzato il sindacato Fides, anima di una protesta che, secondo le stime più credibili, ha visto l’adesione allo sciopero di più del 40% dei medici sloveni. Sciopero, ricordiamo, che è stato indetto per richiedere migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti, oltre a una riorganizzazione del sistema sanitario, che si baserebbe troppo sulla buona volontà dei medici di lavorare extra-time per colmare i buchi. E proprio a partire da ieri, un numero crescente di camici bianchi iscritti a Fides – circa la metà secondo il sindacato – avrebbero deciso di ritirare il proprio consenso a effettuare straordinari.

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