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«L’integrazione inizia in oratorio»: a Voghera due ragazzi musulmani aiutano il don a catechismo

«L’integrazione inizia in oratorio»: a Voghera due ragazzi musulmani aiutano il don a catechismo

foto da Quotidiani locali

VOGHERA, «Una speranza ce l’ho, anzi direi una convinzione. Che tutto quello che stiamo facendo, insieme, aiuti i giovani, le loro famiglie e, così, l’integrazione». Don Pietro Sacchi, che guida la parrocchia di via Emilia e l’oratorio don Orione, è un sacerdote che sta lasciando il segno in città: la sua parrocchia e i ragazzi dell’oratorio sono, ogni giorno di più integrati nella società vogherese. E il don – con l’obiettivo di aumentare il dialogo non solo interculturale, ma anche interreligioso – ha accolto come “assistenti” al catechismo due ragazzi musulmani, Salah e Othman. Un’esperienza che, sottolinea subito don Pietro, non significa che Salah e Othman insegnino religione ai bambini, ma che, da giovani che frequentano e lavorano in oratorio, hanno dato disponibilità al sacerdote per aiutare anche durante il catechismo.

«Sia chiaro, loro sono e restano musulmani. Io, evidentemente, sono cristiano. Ma ad unirci, ce ne siamo resi conto, sono l’idea che esiste un Dio unico per tutti, per quanto diversamente declinato, e che ad unirci è l’impegno quotidiano, qui in oratorio, l’impegno per gli altri. Naturalmente, non potrebbero insegnare catechismo, il catechista sono io come responsabile, ma danno una mano. Non potrebbero insegnarlo, mi permetto il paragone, perché è come se guidassero un’auto senza la patente visto che non sono comunicati con i sacramenti cristiani. Però, sono stati molto utili».

Questione generazionale

Il fatto è che, ci spiega don Pietro Sacchi, le catechiste avevano i loro anni e «durante l’emergenza Covid abbiamo continuato a fare catechismo on line. Servivano i giovani per gestire quel modo di comunicare. E anche dopo la pandemia, ho continuato a coinvolgere i ragazzi. Vede, qui – per i bambini della seconda e terza elementare – svolgiamo un catechismo ludico, dove l’insegnamento avviene attraverso il gioco». E’ un catechismo con il pongo, gli acquarelli, piccoli giochi di ruolo, l’insegnamento dei dieci comandamenti con una piccola sfida a chi trova tutti i numeri... Insomma, ci si avvicina alla religione con sorrisi e gioia. Ed è qui che spuntano Salah e Othman.

«Loro sono due animatori che coadiuvano il sottoscritto nelle varie attività, e la cosa è nata da lì. Sia chiaro, non mi sto giustificando, semplicemente loro hanno accettato di aiutarmi pur essendo una fede che non è la loro. Naturalmente, da parte mia rispetto la loro posizione religiosa, spesso ne parliamo, troviamo punti in comune su cui dibattiamo. Vede, la mia formazione ha una componente fortemente evangelica, ma quando mi rivolgo a un musulmano lo devo fare nel rispetto reciproco e con grande dignità. C’è stato, in questo lavoro con loro, il rispetto delle identità come complementarità e integrazione, ed anche il non voler dare un’idea di sciatteria riguardo all’integrazione: può essere fatta bene, con progettualità importante, valorizzazione reciproca ed anche esemplare, qualora qualcuno pensasse nel fare ciò, di violare delle norme».

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La verità è che questi ragazzi, arrivati in oratorio molto più piccoli, cresciuti da musulmani tra cristiani, hanno in sè l’accettazione delle differenze. In modo naturale. «Sono cresciuti in oratorio, hanno partecipato insieme agli altri a tutte le attività. E quando parliamo con questi giovani non cristiani comprendiamo quante siano le cose che ci uniscono e quanta propensione al dialogo ci sia. Se favorisce l’integrazione? Sì, penso proprio di sì. Perché si è accolti per quello che si è, per ciò che è comune, per la fede in Dio, una fede diversa ma simile. Nel Concilio vaticano II, d’altro canto, la salvezza, viene proclamata possibile per tutti gli uomini di tutte le religioni. Io sono molto convinto di questo».

L’oratorio che piace

Ma se la presenza di Salah e Othman come “aiutanti catechisti” può essere un caso da raccontare come unico o almeno raro, dietro c’è la storia dell’oratorio di don Orione che don Pietro Sacchi, un lungo e concreto passato di impegno nella pastorale giovanile, ha trasformato in un luogo di crescita e dialogo. E di impegno sociale: come il presepe realizzato dai senza fissa dimora (don Pietro cura anche un dormitorio che accoglie una ventina di persone), oppure il gruppo di studenti universitari che nel periodo più duro della pandemia fornivano da mangiare, andando porta per porta, ad una settantina di famiglie vogheresi. E tra i tanti ragazzi e ragazze, anche Salah e Othman, gli aiuto-catechisti di don Pietro.

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