Filoputiniani d’Italia nel mirino di Kiev? Una bufala che si smonta con 3 parole: quelle di Zelensky
Alla fine, dopo tante discettare e accusare, recriminare e ironizzare, quella sulla lista di proscrizione di filoputiniani d’Italia idealmente pronta per essere stilata dal leader ucraino in vena di purghe, altro non era che una grossa bufala. Anzi, per dirla con le parole del Foglio che alla vexata quaestio dedica un divertito spazio di approfondimento – e una circostanziata smentita – altro non è che «una bufala grossolana la notizia secondo cui Zelensky farà una lista di proscrizione di filoputiniani italiani».
Zelensky e la lista di proscrizione sui filoputiniani d’Italia? Una «grossolana bufala»…
Eppure, almeno fino alle elezioni in Sardegna, non si è parlato d’altro, affrontando il tema in tutte le sue speculazioni possibili. Sviscerandone angolazioni noir, meandri da spy story, e sperticandosi in sermoni radiofonici e processi mediatici che, specie sui social – e con X e Youtube in prima linea – hanno scatenato i pro-Putin di casa nostra, leader di sinistra e incalliti bontemponi, pronti a rinverdire toni e slogan della crociata anti-Kiev. Epperò, scrive oggi il Foglio rispedendo al mittente sospetti e asserzioni arbitrarie, «il fatto è che in realtà Zelensky non ha mai detto di avere o di voler compilare una lista di italiani propagandisti russi».
L’equivoco, il fraintendimento, la crociata social: fenomenologia di una fake news
E fornendone finanche la prova inconfutabile, il quotidiano diretto da Claudio Cerasa scrive: «D’altra parte basta ascoltare la registrazione della conferenza stampa che il presidente ucraino ha tenuto a Kyiv il 25 febbraio scorso, dal minuto 26 e poi dal minuto 126, per accorgersi che Volodymyr Zelensky sta dicendo una cosa diversa: in Italia ci sono dei cittadini russi che fanno propaganda. Russi, non italiani»…
Zelensky non ha mai parlato di filoputiniani italiani, ma di cittadini russi
Tutto con buona pace del Corriere della Sera (edizione del 26 febbraio) e del Tg1 nell’edizione serale, cioè – spiega Il Foglio – dei «due giornali che hanno provocato con le loro opportune domande la risposta di Zelensky, diventa assai meno chiara, forse per ragione di sintesi, nella titolazione delle edizioni online e sui social delle due testate (per Rai il sito Rainews24). Fino a essere ribaltata invece da Repubblica che in parte stravolge, nel suo pezzo del 26 febbraio, le parole di Zelensky».
“Il Foglio” chiarisce e smonta teoremi noir e spy story
Parole che mai hanno menzionato liste proscrizione di italiani. Né hanno indicato nomi e identikit di italiani al servizio di Putin; né, scrive sempre Il Foglio, Zelensky ha parlato “ironicamente” di “visti da ritirare”. Il leader ucraino, al contrario, parlava «e assai seriamente, di “visti da ritirare” proprio perché si riferiva a cittadini russi che vivono nel nostro Paese. E stava spiegando che in Italia, secondo lui, agiscono anche affaristi russi con connessioni governative a Mosca che aggirano le sanzioni in Europa».
Le parole (chiare, ma non per tutti) di Zelensky: «Non dico italiani, ma russi»
Una errata corrige doverosa per cui l’articolo del Foglio rinvia per ulteriori conferme al «video della conferenza stampa» che «è d’altra parte su internet a disposizione di chiunque. Dunque chiunque può verificare. Perché dubbi sulle parole di Zelensky, basta ascoltarle (parla persino in inglese quindi non serve un traduttore ucraino), proprio non ce ne possono essere. Anzi, rispondendo alle domande del Tg1, quel giorno Zelensky specificava e sottolineava con insistenza: non dico italiani, ma russi. Appunto».
Filoputiniani d’Italia e lista di proscrizione? Parole distorte in un interminabile telefono senza fili…
Eppure, in Italia per giorni e giorni non si parla d’altro. Scatta una psicosi collettiva; la fake news rimbalza sul web e sui social.Con il risultato che, ad ogni trasmissione allarmistica del messaggio incriminato, testo e significato delle parole di Zelensky – che dilagano su blog e siti – vengono distorti sempre più inquietantemente. Fino a condensarsi nella bufala di cui sopra. Fino a diventare l’ardua sentenza: «Zelensky prepara liste di proscrizione di italiani».
Il dibattito social
«Ma – come scrive sempre Il Foglio tirando le somme e sottolineando in rosso l’aspetto grottesco di questa tragicommedia online – il fatto forse più divertente della faccenda, al di là della superficialità o della cialtroneria, è che il diffondersi di questa fake news attraverso il telefono senza fili di internet e dei commenti social ha invece provocato nei propagandisti russi di cittadinanza italiana un’ondata di autodenunce. Cioè in pratica sono spuntate così tante code di paglia che in quei giorni sembrava di stare in un fienile».
I vip filo-Putin insorgono
Quindi, il quotidiano citato propone qualche succoso esempio: «Prendiamo qualche nome a caso, tra le persone di maggiore notorietà che sono state pervase da un forte sentimento, per così dire, di indignata preoccupazione. Michele Geraci, per esempio, ex sottosegretario leghista del governo Conte I, non precisamente un filoccidentale, diciamo. Eccolo su X quel giorno: “Egregio presidente Mattarella, le liste che Zelensky starebbe preparando con i nomi dei cittadini italiani che non la pensano come lui, stimato presidente, ricordano i tempi tristi della nostra storia”».
Orsini in testa a tutti
E ancora. «Uno per tutti? – prosegue Il Foglio –, ovviamente Alessandro Orsini, il prof. televisivo di Bianca Berlinguer e Corrado Formigli. Mitologico. “Non avrei problemi se Zelensky mi inserisse nella lista dei “putiniani d’Italia” che sta preparando”. Ecco. “Putiniani d’Italia”, Orsini, lo scriveva tra virgolette. Letterale, insomma. Poi aggiungeva: “Gli chiederei soltanto la gentilezza di non farmi sparare in bocca dai suoi servizi segreti perché ho un bimbo piccolo”».
Tra bufale e insidie…
Insomma, quello a cui abbiamo assistito tra il serio e il faceto, è stato uno psicodramma che, tra mitomania e excusatio non petita ha allestito uno spettacolo desolante in cui rivendicazioni non richieste e allarmi sono piovuti a scena aperta, animando una tempesta in un bicchier d’acqua. Una bufera che, chiosa Il Foglio nella sua disamina, «forse è anche un paradigma dell’informazione ai tempi di internet. La prova, chissà, che l’istantaneità, la sintesi eccessiva e la velocità di diffusione di un’informazione rappresentano un’insidia per l’informazione stessa».
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