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Cuperlo: «Il 9 giugno il voto più importante, è in gioco il destino dell’integrazione»

TRIESTE «Credo davvero che quelle del 9 giugno siano le elezioni più importanti da quella prima volta del 1979: è in gioco il destino politico e storico dell’integrazione». Dice così il deputato triestino Gianni Cuperlo, parlando dell’iniziativa che sabato a Trieste riunirà alcuni dei nomi di spicco del Pd nazionale, ma anche esponenti (o ex) di enti e istituzioni italiani e non, in una giornata “Per un’Europa libera, forte, giusta”. Ne sono promotrici due associazioni d’area del partito, Promessa democratica, che fa capo a Cuperlo stesso, e Dems di Andrea Orlando: «L’articolazione interna ha senso se alimenta il confronto culturale. È lo spirito con cui abbiamo costruito questa iniziativa, così da coinvolgere anche altri profili, non solo interni al Pd e pure di diverso orientamento».

Cuperlo, perché a Trieste?

«Siamo a uno di quei crocevia destinati a condizionare la scena futura, e Trieste con la regione occupa una posizione strategica. Dalla presidenza di D’Agostino, con il porto restituito a una funzione centrale, fino al Silos, la città torna a essere una addizione di potenzialità e di contraddizioni: un po’ un terminale di una Europa consapevole che a oriente c’è la chiave per la nostra futura sicurezza e per lo sviluppo. Di qui l’obiettivo di avanzare analisi e proposte per restituire visione lunga. Poi servirà anche grande responsabilità di quel governo nazionale che purtroppo, più che del futuro di questo pezzo d’Europa, oggi pare assillato dalla revoca dell’onorificenza a Tito».

Veramente il governo Meloni ha dato chiari segnali d’interesse per l’ampliamento dell’Ue ai Balcani occidentali.

«Me lo auguro, e alcuni atti e dichiarazioni, in particolare di Tajani, li ho ritenuti apprezzabili. Ma l’impressione è che tendenzialmente questo sia un governo che acquista consenso, che eroga fondi secondo una logica elettoralistica e di vicinanza alle amministrazioni. Ciò che mi pare manchi, anche nel rapporto col Nordest e questa regione, è una visione strategica del ruolo che si vuole esercitare».

E quale può essere il ruolo di Trieste e del Fvg affacciato all’Est?

«Un ruolo che stimola maggiore iniziativa sul piano politico, con tempistiche più ravvicinate di quanto accaduto sinora. La guerra in Ucraina e la crisi tra Europa e Russia di Putin restituiscono ai Balcani una funzione, ma anche fattori di rischio notevoli. I Balcani sono una miscela che la storia - non una volta sola - ha trasformato in polveriera. La sfida è impedire che quella storia prevalga ancora sulla politica. L’Ue pare comprenderlo con una certa fatica, al rallentatore, solo sotto la pressione degli eventi: il problema è la mancanza d’una politica estera. Perché non ipotizzare delle tappe di avvicinamento? Ad esempio coi Paesi balcanici candidati all’Ue nel ruolo di osservatori al Consiglio europeo?»

Se il tema è quello dell’integrazione europea, il rischio per l’Ue è quello della irrilevanza?

«Una ipotetica maggioranza dei Popolari con la destra più estrema cambierebbe non solo gli equilibri della futura Commissione, ma incrinerebbe per almeno un lungo periodo i pilastri della unificazione europea. Il programma licenziato a Bucarest dal Ppe sui temi dell’immigrazione suona da allarme. E rende ancora più importante un risultato positivo delle forze socialiste e democratiche».

Un’Europa più frammentata potrebbe non dispiacere alle grandi potenze?

«Sulla tragedia ucraina incidono il conflitto tra Mosca e Kiev ma anche quello tra Mosca e Nato per il controllo dell’Europa. Gli Usa - dove peserà moltissimo l’esito delle presidenziali - tendono a spostare il loro baricentro strategico sull’Indopacifico. Questo restituisce a Europa e Italia una responsabilità maggiore: smettere di vivere in una sorta di comfort zone e ritrovare una effettiva autonomia. È questione di sopravvivenza come soggetto politico globale».

Ha citato il Ppe, che peraltro la leader Pd Elly Schlein ha messo in guardia dall’aprire le porte all’Ecr, il partito dei conservatori guidato da Meloni. Che ne pensa?

«Il Ppe farà la sua politica. Per noi la destra sovranista e nazionalista - cui sono iscritti Lega e FdI - è la nostra avversaria culturale e politica in Europa. Come socialisti europei abbiamo candidato Nicolas Schmit alla Commissione, con un programma che si differenzia notevolmente dal Ppe».

Schlein deve candidarsi?

«Come è giusto, lo deciderà lei. Mi auguro che la nostra regione riesca a esprimere una sua rappresentanza».

Da ex avversario nella corsa alla segreteria, come valuta l’operato di Schlein?

«È chiaro come l’alba che solo uniti si può battere la destra. Penso che Schlein abbia impresso l’orgoglio e la voglia di riscatto in questa comunità, coltivando molto quello spirito unitario che Prodi ci raccomanda come primo anticorpo contro i rischi di minoritarismo e testimonianza. Due mesi fa davano per scontata la vittoria del centrodestra in Sardegna. Oggi la destra si fa più arrogante perché è più fragile, mentre il Pd è pronto a giocare la sua partita».

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