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Ad Antonella Anedda il Premio Saba per la sua poesia «di pelle e polvere»

Ad Antonella Anedda il Premio Saba per la sua poesia «di pelle e polvere»

Trent’anni di attività, da poco Garzanti ha pubblicato la sua opera omnia in versi

TRIESTE. La sua poesia si nutre «di pelle e polvere». Ce lo dice in un verso, Antonella Anedda, tra i poeti più rilevanti del panorama nazionale e che ora è insignita del Premio Umberto Saba Poesia, giunto alla sua IV edizione, curato dalla Fondazione Pordenonelegge, promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dal Comune di Trieste in sinergia con Lets Letteratura. La consegna del Premio è prevista per lunedì 25 marzo, alle 11 nella Sala Bazlen di Palazzo Gopcevich. Dopo la cerimonia seguirà l’incontro con la vincitrice, al quale prenderanno parte i componenti della giuria del Premio Claudio Grisancich, Roberto Galaverni, Franca Mancinelli, Antonio Riccardi e il direttore artistico di Pordenononelegge Gian Mario Villalta, che condurrà la conversazione.

L’autrice romana, di origine sarda, si è messa in luce fin dal suo esordio (1989) con un verso che ha sempre messo in prima linea due elementi fondamentali: l’importanza del soggetto e la sua apertura al mondo. Quella di Anedda è un’esperienza poetica di particolare intensità. Prova ne sia anche il forte dibattito critico intorno alla sua opera, tra chi ne rileva i tratti neo orfici e chi guarda invece a una dimensione di storicità integrale.

Non a caso, la stessa giuria, mette in rilievo la sua “attenzione alle cose”: «La poetessa Antonella Anedda – recita la motivazione del Premio Saba - ha una sua voce, vibrata e dolcissima, affondata nel buio del mondo, per far esplodere la parola di poesia, affinché ritrovi rinnovati paesaggi di pensiero e di sentimento. Poesia dell’attenzione alle cose; tutto scorre, si sciupa e poiché nulla torna, ogni attimo deve essere importante. L’accomuna a Saba la dedizione ai luoghi, come anche la pietà per la vita in ogni sua forma».

Tra i suoi testi più importanti “Residenze invernali” (Crocetti), “Notti di pace occidentale” (Donzelli), “Dal balcone del corpo” (Specchio-Mondadori) e l’ultimo “Historiae” (Einaudi). Da poco Garzanti ha pubblicato l’opera omnia in versi: “Anedda. Tutte le poesie” (Garzanti, pagg. 576, euro 18). A proposito del Premio, il sindaco Roberto Dipiazza ha osservato: «Come la letteratura significhi dunque ancora molto per Trieste, perciò l’auspicio è che il Premio Umberto Saba Poesia possa essere di stimolo alle nuove generazioni».

Anedda è una maestra del genere, con più di trent’anni di attività e un’opera che, oltre la poesia, prevede un’intensa attività saggistica. Il suo è un verso che mette al bando ogni antropocentrismo. Uno sguardo senza gerarchie che si esprime nella poetica degli oggetti e coinvolge anche una sorta di “frantumazione” dei corpi, in questo molto si deve alla lezione di Zanzotto.

La poesia si offre quale cornice di contenimento per tentare di dare un senso a questi lacerti tragici. L’opera fonda e sviluppa i concetti di “tregua”, “accudimento”: “Se ho scritto è per pensiero / perché ero in pensiero per la vita”, recita uno dei suoi versi più alti. Così come rimane fondamentale la lingua e una sua eventuale ricostruzione/traduzione. Non a caso “Hostoriae” è il titolo del suo ultimo libro. Direttamente da Tacito, inserisce quindi il ritrovamento di una lingua antica, che ha anche il fascino del recupero di una poetica delle origini. Pur non essendo mai una poesia consolatoria, l’autrice prevede sempre un equilibrio, senza cedere a nessun nichilismo. È quindi vero che in ognuno – scrive nell’ultima raccolta – c’è la capacità di sopportare il proprio destino. L’animo umano è osservato, esaminato anche nei suoi risvolti mortali, chiamando in causa ogni tanto un aldilà che tuttavia è materico, molto somigliante all’aldiqua.

Osservazione, accudimento, sono solo alcune delle parole chiave, dove ciò che importa è la tregua, uno stato di sospeso benessere. A una condizione però, la perdita dell’io: “un luogo dove s’irradia luce / e non esistono i pronomi”, scrive. Sotto esame è un ego oramai irrigidito, causa di molteplici mali, da cui deriva anche la vocazione civile della poetessa.

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