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Camera di commercio, tutti i nodi da sciogliere con la fusione a tre con Cremona e Mantova

PAVIA. La sentenza del Consiglio di Stato ha messo fine al contenzioso sull’accorpamento della Camera di commercio di Pavia con quelle di Mantova e Cremona, ma il processo che porterà alla fusione dei tre enti in uno solo e la successiva gestione saranno tutt’altro che semplici. A cominciare dalla questione della rappresentatività dei tre territori e delle relative associazioni nel parlamentino dell’economia.

Il nuovo consiglio

Il nuovo consiglio avrà inizialmente 33 componenti, per poi scendere a 25 in occasione del primo rinnovo. Il primo passaggio spetterà alla Regione e consisterà nella verifica del peso complessivo (nelle tre province) dei vari settori, in base ai dati forniti dalle associazioni di categoria (numero di iscritti, di dipendenti, i contributi ricevuti). In base a questi dati - che tra l’altro sono ormai vecchi, visto che risalgono al 2016, anno di avvio della riforma delle Cciaa - la Regione distribuirà i seggi.

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Per intenderci: nell’ultimo consiglio camerale di Pavia prima del commissariamento il commercio poteva contare su 5 rappresentanti, l’industria e i servizi alle imprese 4 ciascuno, l’artigianato 3, l’agricoltura 2, e uno a testa credito e assicurazioni, trasporti, professioni, cooperative, sindacati, turismo.

Una volta assegnato il numero di posti ai vari settori si tratterà di capire come saranno distribuiti al loro interno tra le associazioni concorrenti, tenendo presente che nell’ottica di avere più peso è possibile effettuare apparentamenti tra associazioni, ovviamente rappresentative di imprese che operano nello stesso comparto. Dunque sono possibili alleanze sia su base provinciale che all’interno della stessa organizzazione nei tre territori (si pensi ad esempio ai tre sindacati agricoli pavesi, che possono presentarsi o uniti tra loro, oppure ciascuno apparentato con le associazioni “sorelle” di Mantova e Cremona).

La giunta camerale sarà invece composta dal presidente e sette componenti.

Gli organici

Altro punto riguarda gli organici: nella sentenza che ha bocciato definitivamente il ricorso di Pavia che puntava a evitare la fusione, il Consiglio di Stato fa riferimento a un numero, 49 dipendenti, che è già ampiamente superato dal momento che gli addetti negli anni sono già scesi a 27 (visto il blocco delle assunzione). Si vedrà però se sarà possibile qualche nuovo ingresso, tenendo anche conto del fatto che la Camera di Pavia è la più virtuosa: al 1° gennaio 2023 aveva una dotazione organica di 30 unità e un dirigente, inferiore a quella delle più piccole Cremona (40 dipendenti e un dirigente) e Mantova (39 dipendenti e 3 dirigenti).

Patrimonio e sede legale

Pavia è anche la meglio patrimonializzata delle tre Camere (28,5 milioni di euro contro i 27,5 i Mantova e i 15 di Cremona) e con disponibilità liquide pari al doppio delle altre due. Ma con la Camera unica tutte le risorse confluiranno nel nuovo ente, e bisognerà capire come verranno poi distribuite sul territorio.

C’è poi la questione della sede legale, che è stata inopinatamente assegnata, già nel 2017, a Mantova, pur essendo Pavia la Camera con il maggior numero di imprese iscritte. Dal punto di vista logistico sarebbe stato più corretto, semmai, prevederla a Cremona e invece la scelta penalizza doppiamente Pavia visto che le riunioni del consiglio e della giunta si terranno a Mantova. Ma non solo: perché si sposteranno, da Milano a Brescia, anche il Tribunale delle imprese, il Tar e la Corte d’appello.

Infine, l’accorpamento riguarderà anche le tre aziende speciali delle Camere di commercio: Paviasviluppo verrà assorbita nel nuovo soggetto.

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