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Le ali della farfalla e le buone mani

Avete presente quello che in fisica viene chiamato effetto farfalla?

E’ la teoria secondo la quale piccole variazioni nelle condizioni iniziali finiscono per produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema, o come più prosaicamente disse Edward Lorenz “il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas”.

Anche la storia che sto per raccontarvi ha origini molto lontane, parliamo addirittura dell’inizio degli anni ’80, quando Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti si contendono il controllo della Arnoldo Mondadori Editore con una guerra senza esclusioni di colpi: una vicenda che si trascinerà per quasi trent’anni tra scandali, processi, tangenti e false testimonianze passate alla storia come “Lodo Mondadori”, per poi concludersi con la sentenza del luglio 2011 con cui la Corte d’Appello di Milano condanna Fininvest a risarcire il gruppo De Benedetti per la cifra monstre di 560 milioni.

Ecco, in quel momento una farfalla rossonera batte le ali, e anche se lì per lì non se ne accorge nessuno, nulla sarà più come prima.

Silvio Berlusconi ha le spalle larghe e potrebbe agevolmente parare anche quel colpo, ma in realtà inizia ad essere stanco e assai poco interessato alla sua creatura calcistica, coglie la palla al balzo ed inizia a tirare i remi in barca: l’estate successiva scadono i contratti di tutti i senatori senza essere rinnovati, vengono venduti Ibra e Thiago Silva al Paris Saint German ed abbassato drasticamente il monte ingaggi.

Inizia ufficialmente quella che nel sentire comune viene denominata “banter era” e che qui nel Night ribattezziamo come l’era del “Giannino Food and Karaoke”, probabilmente il periodo più triste della nostra storia, ancor peggio di quello delle due retrocessioni.

Silvio (pace all’anima sua) avrebbe potuto fare una cosa molto semplice, alzare le mani e ammettere il proprio disimpegno, se davvero fosse stato avviato un progetto serio basato sul contenimento dei costi e su giovani di prospettiva il popolo rossonero avrebbe capito e accettato, non fosse altro per  riconoscenza per quanto ricevuto nei 25 anni precedenti.

Sceglie invece la via degli slogan vuoti ed irritanti (club più titolato al mondo, rosa ultracompetitiva, Milan “giuovane e italiano”), della delega al vecchio sodale stanco e dedito alle abbuffate e agli intrallazzi, o ancor peggio alla giovane erede tanto caruccia e di buona volontà ma totalmente inesperta ed incapace.

Alla fine capisce e si arrende all’evidenza, è il momento di vendere il Milan, di lasciarlo “in buone mani”, ed infatti decide di cedere la società ad un oscuro cinese con le pezze al culo, con modalità a dir poco insolite: 300 milioni arrivano a rate da paradisi off-shore, guarda caso in una fase in cui Fininvest è sotto assedio da parte di Vivendi (le banche aprono segnalazioni di operazioni sospette, ma chi deve vigilare chiude entrambi gli occhi in virtù di interessi superiori).

Il battito d’ali della farfalla inizia a farsi vorticoso, ma ancora non ce ne rendiamo conto.

Lo Zio Yongo chiede un prestito di altri 300 milioni a tassi onerosissimi ad Elliott per completare l’acquisizione dando in pegno le azioni del Milan, e caso strano non riesce a restituirlo permettendo ai Singer di impossessarsi della società (Elliott che nello stesso periodo combatte una battaglia furiosa con Vivendi per il controllo di TIM, per la serie i nemici dei miei nemici sono miei amici).

Elliott Fase 1 inizia a fare lo sporco lavoro che Silvio non ha voluto o saputo fare in prima persona, e ad onor del vero lo fa alla grandissima: taglia i rami secchi, dopo qualche errore iniziale mette le persone giuste al posto giusto, investe in giovani calciatori di sicuro avvenire, risana il bilancio e, buon peso, ci esce pure uno scudetto.

Ma ormai tra prestito convertito ed investimenti effettuati Elliott si è già esposto per oltre 650mln, trattandosi di un fondo che deve rendere conto ai suoi investitori è il momento di fare un primo punto e a capo, di azzerare il contakilometri tenendo però le chiavi in mano, visto che c’è ancora in ballo un nuovo stadio con gigantesca speculazione immobiliare a latere

Inizia così il Secondo Governo Elliott, o Elliott Fase 2: i Singer trovano il cugino d’America, un oscuro porporato con esperienze pregresse nel baseball, nel football americano e nel cricket, incassano cash più o meno quanto hanno speso, e gli concedono un mega prestito da 600 milioni al 7% , per rendere tutto più americaneggiante lo definiscono “vendor loan”.

Il salto di qualità a livello di immagine è clamoroso, si passa dalle miniere di fosforo e dalle credenze col palantir al tavolino che traballa sotto il peso di Jlo, è una delega piena per mettere su un teatrino  infarcito di algoritmi, moneyball and Billy Beane, entertainment company ed auto-sostenibilità: il nuovo sogno americano della supercazzola, l’evoluzione a stelle e strisce del Giannino, un Little John 2.0 made in USA.

Sedicente padrone nuovo ma uomini della vecchia proprietà nei punti nevralgici guarda caso, il giovane rampollo che si è fatto le ossa alla Lehman Brothers e il vecchio Stadioni, Presidente buono per tutte le stagioni, uomo della Prima Repubblica ma anche di tutte quelle successive.

La farfalla è stanca di battere le ali ma ormai il suo lavoro è compiuto, il problema è che l’uragano non si è diretto verso il Texas, sta arrivando proprio sopra le nostre teste con la forza di uno tsunami, teniamoci per mano e facciamoci coraggio perché ne avremo bisogno.

E forse alla fine di tutto questo la vendita del Milan sarà finalmente compiuta.

 

Max

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