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Udine, un libro sul processo per l’eccidio di Porzûs

Udine, un libro sul processo per l’eccidio di Porzûs

foto da Quotidiani locali

Come per tutti i fatti storici complessi, anche per la strage di Porzûs, il più grave scontro interno al movimento partigiano italiano, le prospettive dalle quali considerare gli avvenimenti possono essere molte.

Gianni A. Cisotto, in L’eccidio di di Porzûs. Le testimonianze dei partigiani azionisti al processo di Lucca, Biblion edizioni (che sarà presentato venerdì 15, alle 18, a Palazzo Antonini di Udine), sceglie quella dei militanti del Partito d’Azione, cioè di quello schieramento di sinistra, ma non comunista, che nei fatti friulani e nei venti mesi della Resistenza nazionale giocò una parte di primo piano.

Il volume riporta testualmente le testimonianze degli azionisti al processo di Lucca del 1951-52: la prima delle due vicende processuali che si celebrarono sui fatti di Porzûs e quella meno sfavorevole ad esecutori e mandanti della strage, perché smentì recisamente la tesi del tradimento nazionale dei comunisti.

Per fare ciò, Cisotto parte tuttavia dalla formazione del Partito d’Azione in Friuli e dalla nascita della Brigata Osoppo, alla quale gli azionisti collaborarono, confermando sin dalle prime pagine che questa fu l’esito di una “fusione fredda” tra due componenti tra loro inconciliabili.

Da una parte, infatti, vi erano gli uomini di Fermo Solari, vice di Ferruccio Parri al comando del Corpo volontari della libertà e il friulano più alto in grado nella Resistenza, che puntarono al comando unico militare con i garibaldini e sarebbero probabilmente stati favorevoli, ad un certo punto, a porsi sotto i comandi dell’esercito di liberazione jugoslavo.

Dall’altra vi erano i democristiani, naturalmente predisposti all’attendismo, alla difesa della popolazione dalle rappresaglie tedesche e cosacche, preoccupati dal ruolo militare delle formazioni comuniste nella Resistenza e dalla ventilata cessione di Trieste, Gorizia e della Slavia italiana al nuovo Stato socialista in formazione.

Ad ottant’anni da Porzûs questa divisione interna al movimento resistenziale si riproduce ancora nelle ricostruzioni degli storici di diverso orientamento.

Mentre da parte dell’Associazione partigiani Osoppo l’attenzione si concentra sulla subalternità della divisione Garibaldi Natisone all’esercito di Tito, per gli azionisti l’origine di tutto sta nella cosiddetta “crisi di Pielungo” del 1944, senza la quale, come ebbe a dire Fermo Solari, «non vi sarebbe stato il passaggio della Natisone al IX Korpus jugoslavo e quasi sicuramente non vi sarebbe stato Porzûs».

La crisi di Pielungo del 19 luglio 1944 fu il rastrellamento, compiuto dai tedeschi, nel comando dell’Osoppo posto nel castello di Pielungo.

Azione che dimostrò la grave superficialità organizzativa dei comandi della formazione partigiane, ma che si risolse, invece che nella condanna dei comandanti democristiani Grassi e De Luca, in una svolta «in senso marcatamente nazionalista e conservatore» della Osoppo.

Tanto da far parlare, da parte azionista, di un vero e proprio golpe. Più che le responsabilità di Pielungo, l’elemento che nell’estate 1944 divideva le due anime della Osoppo era tuttavia l’intenzione o meno di unificare i comandi con la Garibaldi.

Una scelta rispetto alla quale la DC era radicalmente contraria e che si seguì solo in condizioni favorevoli (nei giorni della cosiddetta Repubblica della Carnia e nella Zona libera del Friuli orientale), ma con reticenza, sospetti reciproci, e la ricerca di ogni pretesto per sganciarsi.

Sulla strage di Porzûs Gianni A. Cisotto non si dilunga, considerando (secondo chi scrive, a ragione) che i fatti siano già abbastanza noti e che le aree d’ombra siano risolvibili solo a costo di accettare un gran numero di illazioni indimostrabili.

Più spazio è invece dedicato alle inconcludenti inchieste sui fatti delle malghe messe in campo dai comandi partigiani dopo l’eccidio, quando la sorte dei 16-17 prigionieri osovani (tra cui Guido Pasolini) era ancora sconosciuta.

Tra le testimonianze processuali spicca quella di Fermo Solari, per la caratura e le responsabilità del personaggio, e il confronto tra questi ed Enrico Mattei.

Poi, le lunghe, fondamentali testimonianze di Egidio Meneghetti, Luigi Martignoni e molti altri uomini del Partito d’Azione.

Il quadro generale che se ne desume è quello di una sorta di guerra nemmeno tanto sotterranea tra l’Osoppo democristiana e la Garibaldi, con in mezzo il vaso di coccio degli azionisti.

Un’anticipazione della lotta politica nazionale del 1945-1948, che si sarebbe risolta con la frantumazione del Partito di Ferruccio Parri e Fermo Solari e la vittoria democristiana nelle elezioni del 18 aprile 1948.

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