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Inter eliminata ma non ridimensionata (nella fiera delle illusioni)

L'Inter è uscita battuta ma non ridimensionata dalla battaglia del Metropolitano. Spinta fuori dall'Europa da un Atletico Madrid che ha messo in campo tutto il peso della sua qualità ed esperienza e si è fatto trascinare dal fattore ambientale. Il contraccolpo è stato pesante, perché grandi erano le aspettative che si erano create intorno a una squadra capace di esprimere nel corso della stagione un calcio moderno, avvolgente, veloce e a tratti spettacolare: qualcosa che, pochi mesi dopo l'esperienza della finale di Istanbul, lasciava presagire la possibilità di giocarsela a viso aperto con tutte le top d'Europa.

Il giorno dopo l'eliminazione ai rigori il coro delle critiche e dei distinguo è già partito. C'è chi imputa all'Inter di aver fallito l'esame di maturità e di aver confermato come la cavalcata dell'anno scorso fosse solo frutto del caso. E chi rimprovera Simone Inzaghi, fino a ieri uno dei tecnici emergenti nel Vecchio Continente, di aver sbagliato tutto: preparazione della sfida, lettura in campo, gestione del baricentro nei momenti in cui i nerazzurri sono andati in difficoltà.

Critiche che partono tutte dalla presunzione che l'Inter dovesse spazzare via l'Atletico Madrid come un Sassuolo (con rispetto) qualsiasi. Un pensiero alimentato dalla fiera delle illusione che ha deciso, una volta avuta la certezza non aritmetica ma fattuale della conquista dello scudetto, che per l'Inter fosse un obbligo sbarazzarsi del Cholo Simeone senza margini di dubbio per poi vincere la Champions League.

La realtà è che nessuno di questi assiomi rispondeva a verità e che l'Inter ha giocato alla pari con i Colchoneros: è stata meritatamente eliminata perché al livello altissimo di un doppio confronto come questo nessun errore è concesso e tra San Siro e il Metropolitano gli uomini di Inzaghi ne hanno commessi tanti. Troppi. Ma il fatto che oggi si possa parlare di fallimento o simili è la conferma che il ko sarà doloroso da metabolizzare ma non ridimensionerà valore e progetti di una squadra pronta a riprovarci tra dodici mesi.

Semmai, il voto della stagione europea deve comprendere anche un girone non perfetto (3 vittorie su 6 partite), chiuso al secondo posto contro avversarie abbordabili. Nel complesso, insomma, una sufficienza stiracchiata perché la prima fase era negli occhi di tutti come il semplice preludio per poi giocarsela dopo.

La stagione resta in ogni caso straordinaria e aver chiuso la Champions agli ottavi non la macchia anche se lascia un senso di incompiutezza. Inzaghi ha fatto quanto era in suo potere, compreso nelle ultime settimane estremizzare il turn over per focalizzarsi sulla battaglia con Simeone. Ha perso, ma agli smemorati sarebbe il caso di ricorda che prima di coronare il Triplete nella notte del Bernabeu il 22 maggio 2010, o stesso gruppo poi trionfante passò attraverso tre eliminazioni consecutive agli ottavi contro Valencia, Liverpool (in panchina Roberto Mancini) e Manchester United (Mourinho).

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