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Trapper suicida, non era sorvegliato nonostante i precedenti tentativi di uccidersi: si apre l’inchiesta a Torre del Gallo

PAVIA. Il giovane trapper morto suicida nel carcere di Torre del Gallo non era sorvegliato, nonostante avesse già tentato due volte il suicidio. E ora sulla morte di Jordan Tinti, 27 anni, di Bernareggio (Monza), conosciuto nel mondo della trap italiana come Jordan Jeffrey Baby, il carcere ha avviato una inchiesta interna. Correrà parallela a quella aperta dalla procura, che ha disposto l’autopsia, e agli accertamenti chiesti dall’avvocato del giovane, Federico Edoardo Pisani: «Vogliamo sapere cosa è successo. Non crediamo al gesto volontario».

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Vuole che sia fatta chiarezza anche il Garante nazionale dei detenuti, che sta assumendo in queste ore informazioni dettagliate sulla vicenda di Pavia. L’esposto del legale del giovane richiama anche gli altri due procedimenti penali già avviati dalla magistratura, con al centro presunte violenze e maltrattamenti da parte di altri detenuti che il giovane aveva denunciato tra il 2022 e il 2023, prima di essere trasferito in una comunità terapeutica. Proprio per questa situazione il giovane, che era tornato in carcere a Pavia su decisione del magistrato di sorveglianza per avere violato le regole della comunità, era stato collocato nella sezione protetti, un padiglione nuovo di Torre del Gallo dove sono ospitati i reclusi che per ragioni diverse non possono restare con i detenuti comuni. Il giovane aveva già manifestato segni di fragilità ma da quanto si è saputo la condizione non era stata segnalata agli agenti della polizia penitenziaria.

il percorso psicologico

Quello del trapper è il settimo suicidio a Torre del Gallo dal 2021. Per questo l’indagine sulla morte del giovane detenuto riguarderà anche la capacità da parte del sistema sanitario del carcere di far fronte a questi episodi e prevenirli. Secondo i numeri forniti da Asst, l’azienda socio sanitaria territoriale che gestisce il servizio all’interno di Torre del Gallo, nel carcere di Pavia operano 16 medici, un coordinatore infermieristico, 16 infermieri, un operatore socio sanitario e 6 psicologi. Sulla carta sono numeri, secondo l’azienda, «in grado di garantire la copertura del servizio». Eppure qualcosa non ha funzionato e l’indagine interna ma anche quella della procura dovranno dare una risposta.

il quarto piano

Il giovane, che stava scontando una pena a 4 anni e 4 mesi (poi ridotta) per una rapina ai danni di un operaio nigeriano di 41 anni a Carnate, si trovava al quarto piano del padiglione dei protetti (gli altri tre piani ospitano i sex offender, gli operatori delle forze dell’ordine e i collaboratori di giustizia) e da quanto si è saputo non era da solo in cella ma con altri due detenuti, che non si sono accorti di nulla. Il 27enne ha messo in pratica il suo proposito mentre i compagni dormivano, legando a una inferriata della finestra un lenzuolo intrecciato con la cintura dell’accappatoio. «Le carenze del personale all’interno del carcere e la situazione di sovraffollamento non aiutano a prevenire questi episodi – dichiara Salvatore Giaconia, del sindacato della polizia penitenziaria Osapp –. Il ragazzo era tornato a Torre del Gallo da una decina di giorni ma la situazione di fragilità non era stata segnalata dagli psicologi. Ora dovrà essere fatta chiarezza».

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