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Massimo, il più grande ladro di libri antichi: «Con i soldi ricavati ho salvato la biblioteca dai tarli»

C’è chi l’ha romanticamente battezzato Robin Books, evocando le gesta del ladro che rubava ai ricchi per dare ai poveri. C’è chi su di lui ha scritto anche un libro, titolo “Max Fox”, ad opera di Sandro Luzzatto.

La verità è che Massimo Marino de Caro, 51 anni, originario di Bari ma residente a Verona, ex consulente per le bioenergie dell’allora ministro all’Agricoltura Giancarlo Galan, sarà ricordato come il più grande ladro di libri antichi: nel 2012 ne rubò circa 700 dalla biblioteca dei Girolamini di Napoli, di cui era stato nominato direttore.

Il Tribunale di Napoli gli ha recentemente inflitto una condanna a 5 anni e 3 mesi, che si sommano ai precedenti 7 anni, di cui 2 scontati in carcere.

«Mi hanno condannato per il furto, che non ho mai negato. Ma la mia vittoria è che, invece, sono stato assolto sia per la devastazione che per il saccheggio, oltre che per aver strappato le pagine dei cataloghi. Avrei mai potuto trattare in quel modo ciò che più amo al mondo?», dice con convinzione dagli arresti domiciliari nella sua abitazione veronese.

Ed è una delle tante stranezze di questa storia incredibile, portata alla luce e denunciata ormai 12 anni fa da Tomaso Montanari.

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Massimo Marino de Caro, quanti soldi ha ricavato con quei 700 libri venduti?

«Circa 400 mila euro».

Cosa ne ha fatto?

«Ho ristrutturato la biblioteca, ho pagato la disinfestazione dei tarli e anche le catalogatrici».

Come le è venuto in mente di fare una cosa simile?

«Per lo stato di abbandono in cui versava quel luogo di cultura. Il 60% dei libri era attaccato da tarli e insetti. E nessuno ha mai fatto niente. Io ero consulente del ministro per i Beni culturali del governo Monti, Lorenzo Ornaghi. Chiesi fondi al ministero, senza mai ricevere una risposta. A quel punto ho fatto una scelta sbagliatissima, di cui mi pentirò tutta la vita. Ho pensato: non mi date i soldi? Ci penso io a sistemare. Presi i libri e li misi in vendita. Illegale e moralmente inaccettabile”.

Questa sarà la sua verità ma è davvero difficile crederci, anche oggi, a 12 Anni di distanza.

«La verità è che io amo i libri antichi e questo amore mi ha rovinato la vita. Io ero ricco e importante, lavoravo per una multinazionale dell’energia (era socio al 50 % del figlio Marco Jacopo Dell’Utri nella società Mitra Energy Consulting, ndr). Per cercare di salvare una biblioteca che era nel più totale abbandono ho fatto una cosa illegale che oggi non farei più. Ma l’accusa di devastazione era quella che mi pesava di più. Nemmeno fossi un black bloc».

Però se è stato condannato a 12 anni in tutto, evidentemente la sua colpa è stata abbondantemente accertata.

«Mi avevano accusato di aver distrutto e strappato i cataloghi. Mi avevano dipinto come un mostro, perché dovevo essere il capro espiatorio per tutto ciò che era successo prima. I consulenti della Procura erano dipendenti del ministero. Ma il Tribunale di Napoli non si è fatto intimorire e ha stabilito che non ci furono devastazione, saccheggio e nemmeno la distruzione dei cataloghi».

Come è proseguita poi la sua vita?

«Sono sposato ma non ho figli, soprattutto sono uno dei pochi italiani ad aver scontato la pena. Per aver rubato dei libri sono stato condannato a più di 10 anni, ci rendiamo conto? Prima del mio arrivo ne sparirono altri 1.500 ma nessuno ha mosso un dito».

Ora come si guadagna da vivere?

«Sono fermo, quando finirà la pena cercherò lavoro. Mia moglie è dipendente pubblica, per questi 10 anni ho vissuto grazie a lei e ai miei genitori. Per fortuna i miei avvocati, Micol Paglia e Leo Mercurio del foro di Roma, non mi chiedono soldi».

Quando tornerà a lavorare cercherà nel mondo della cultura?

«Non faccio lo schizzinoso. Di certo non andrò a fare bibliotecario da qualche parte (ride)».

Userà ancora i suoi contatti politici?

«Io con la politica ho chiuso e non voglio avere più niente a che fare. La politica è una delle cause dell’accanimento nei miei confronti. Volevano che facessi false accuse contro Marcello Dell’Utri».

Prego?

«La convinzione della Procura era che Dell’Utri mi avesse fatto nominare direttore per rubare i libri. Ho sempre detto che non era vero, infatti anche lui è stato completamente assolto. Su 30 ore di interrogatorio, 28 ore furono domande su di lui. Ma io non baratto la verità con la mia libertà».

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