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Centrale A2A e inquinamento a Monfalcone, l’associazione ambientalista Rosmann non può costituirsi parte civile 

Centrale A2A e inquinamento a Monfalcone, l’associazione ambientalista Rosmann non può costituirsi parte civile 

foto da Quotidiani locali

TRIESTE L’associazione ambientalista “Eugenio Rosmann” non è legittimata a costituirsi parte civile nel procedimento in relazione alla centrale di Monfalcone, in ordine all’ipotesi di inquinamento colposo. Il motivo sostanziale è l’assenza di un “danno concreto”, nel richiedere la dimostrazione di un’effettiva lesione di interessi.

Lo ha stabilito il giudice monocratico Concetta Bonasia, martedì, nell’ambito dell’udienza predibattimentale, sciogliendo la riserva circa l’ammissione del soggetto privato quale parte civile. A questo punto, dunque, non rientra alcuna parte civile, considerato che il Ministero dell’Ambiente ed il Comune di Monfalcone non sono comparsi, compresa Marina Lepanto.

Restano, pertanto, la pubblica accusa, rappresentata dal pm Ilaria Iozzi, e le difese, l’avvocato Manuela Tortora ed il professor Piermaria Corso a rappresentare l’allora direttore dell’impianto termoelettrico, Roberto Scottoni, assieme all’avvocato Vincenzo Saponara per la società A2A EnergieFuture Spa, quale ente incolpato per l’illecito amministrativo dipendente da reato (ex dlgs 231/2001).

Ad opporsi alla costituzione di parte civile della Rosmann erano stati i difensori, sollevando la prima eccezione nel corso della precedente udienza in ordine alla carenza di legittimazione dell’ente privato. Eccezione, quindi, accolta dal giudice.

Alla base dell’esclusione dal procedimento sono ravvisabili due aspetti. Il Codice Ambientale pone la legittimazione in merito al danno ambientale in capo allo Stato, quindi al Ministero, al quale si affianca la Riforma Cartabia circa la dimostrazione di un interesse concreto e quindi di un danno effettivo. Nel caso specifico, l’associazione, rappresentata dall’avvocato Paolo Coppo, non ha subito conseguenze di carattere patrimoniale, diverso, ad esempio, sarebbe presumibilmente stato se avesse avuto interessi diretti sui terreni circostanti la centrale.

Quindi, la “lesione del fine istituzionale” del sodalizio, peraltro da sempre impegnato sul territorio quanto a tutela e salvaguardia ambientale, non è di fatto sufficiente a dimostrare un danno. Va provato un pregiudizio specifico e diverso rispetto a quanto spetta, agli effetti di legge, al ministero, che non si è presentato. Il danno andava dunque esplicitato dall’associazione e non è stato desunto dallo statuto e dall’ulteriore documentazione presentata. Carenza quindi di legittimazione.

Martedì le difese hanno proseguito sollevando ulteriori eccezioni, in particolare relative alle indagini preliminari richiedendo l’”espunzione”, ossia l’eliminazione dagli atti, di una serie di indagini eseguite all’epoca sulla centrale.

L’avvocata Stefania Ferro, presente in aula per la difesa dell’ente, ha in primis rilevato la “tardività” dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, poiché per tre anni il fascicolo è rimasto “contro ignoti”, pregiudicando il diritto di conoscenza del procedimento e quindi di difesa.

Le indagini, sempre secondo la difesa dell’ente, sono state inoltre eseguite anche oltre la durata stabilita dalla legge, conseguendone pertanto l’eliminazione degli atti eseguiti “fuori termine”. Di fatto, per la difesa solo 6 mesi di indagine si possono ritenere validi. Inoltre, sempre per l’avvocata Ferro, è «mancata l’attivazione delle garanzie difensive» in relazione a talune attività di indagine, non essendo stato consentito agli indagati di «partecipare alle attività».

Eccezioni per le quali il giudice si è riservato la decisione. Prossima udienza il 7 maggio. Trattandosi ancora di una fase predibattimentale, bisognerà attendere le decisioni del giudice non solo in ordine alle eccezioni, ma anche rispetto all’apertura o meno dell’istruttoria dibattimentale, come previsto dalla Riforma Cartabia. La ratio è quella di accertare profili di colpa in grado di sostenere un processo.

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