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Dunaev, Meduza: “In Russia elezioni farsa, Occidente non riconosca voto”

Sono «fondati» gli appelli lanciati all’Occidente in questi giorni da diversi esponenti dell’opposizione russa a «non riconoscere» come legittimo il risultato scontato delle elezioni presidenziali «farsa» che si terranno da domani a domenica in Russia.

Lo afferma l’analista di Meduza – sito indipendente con sede in Lettonia – e collaboratore di Carnegie Politika, Alexander Dunaev, secondo cui in questa situazione l’opposizione russa, orfana di Alexei Navalny, «può fare poco perché non può né impedire il voto né mobilitare le persone per protestare in maniera attiva perché qualsiasi manifestazione sarebbe soppressa dalle autorità».

Ecco perché l’appello all’Occidente a delegittimare Putin «è una delle pochissime cose che si può fare, ma non l’unica», spiega l’analista, ricordando proprio la protesta ideata da Navalny poco prima della sua morte e che consiste nel recarsi alle urne in massa domenica a mezzogiorno. «Questa protesta non fa paura, ma dà molto fastidio al regime. Già su Telegram circolano notizie fake che riferiscono orari diversi – dichiara Dunaev – Questo è l’unico modo legale per esprimere il dissenso dato che si chiede di andare alle urne in massa. Decine di migliaia di persone in tutta la Russia» accoglieranno l’appello di Navalny, anche se ovviamente questa forma di protesta sarà «ignorata da tutti i mass media russi».

Secondo l’analista, non riconoscere la legittimità di Putin «sarebbe una buona cosa», anche se «le conseguenze pratiche» di una mossa simile – che avrebbe un minimo di senso solo se fosse coordinata – potrebbero essere poco rilevanti. D’altronde, prosegue, «non riconoscere Putin è a costo zero, tanto i contatti sono al minimo», mentre l’Occidente potrebbe fare di più su altri due fronti. A partire dalle sanzioni, dato che «continua in modo indiretto a comprare idrocarburi russi, che sono la principale fonte di finanziamento del regime», e dagli aiuti all’Ucraina, evitando «balletti stucchevoli» sull’assistenza militare a Kiev.


Ribadendo che le elezioni in Russia sono «truccate» e ricordando come proprio da un voto «farsa» scoppiarono le proteste del 2011, Dunaev sottolinea che non aver ammesso quei candidati che potevano creare «problemi minimi» a Putin, come Boris Nadezhdin ed Ekaterina Duntsova, conferisce al presidente eletto «una legittimità ben dubbia».

L’analista commenta quindi gli ultimi episodi che hanno visto protagonisti alcuni leader della dissidenza russa, dalla morte in una colonia penale di Navalny fino alla recente aggressione a Vilnius contro Leonid Volkov, rimarcando che «c’è una tendenza a ricorrere alla forza per intimidire l’opposizione. In generale vogliono chiudere la bocca di chi dissente e in queste settimane hanno vietato alle aziende di collaborare con chi è stato dichiarato `agente straniero´. Si tratta di un duro colpo per i finanziamenti delle voci indipendenti. Suppongo che questa pressione non si limiterà a questa settimana, ma andrà oltre».

Sulle recenti minacce nucleari lanciate da Putin, che ha evidenziato come la Russia sia pronta ad usare armi tattiche (nonostante la smentita del Cremlino che ha parlato di frasi estrapolate dal contesto), Dunaev ritiene che Putin voglia «far vedere quanto è forte, ma sembra un bambino che grida `al lupo al lupo´ dal momento che è un anno e mezzo che sentiamo questi discorsi su quanto la Russia sia potente. Con queste dichiarazioni – conclude – vuole mobilitare l’elettorato passivo, che non si interessa tanto alla politica, a recarsi alle urne, dato che c’è un limite ai dati che si possono alterare per truccare l’affluenza. Così si presenta nel consueto ruolo di macho che non indugia se dovesse servire di ricorrere alla forza».

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