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Pochi medici e lunghe liste d’attesa: Mantova non è una città per anziani

L’invecchiamento è un fenomeno con cui anche Mantova deve fare i conti. Ciò significa avere a disposizione più risorse pubbliche per supportare una fascia di popolazione destinata ad allargarsi sempre di più. Già adesso i residenti in città con più di 65 anni sono un quinto del totale e i grandi vecchi, quelli con più di 90 anni, sono quasi mille. Salute, mobilità e solitudine costituiscono i problemi che ogni giorno affrontano; molti per età e acciacchi vari non sono più autonomi, non hanno parenti e dispongono di magre pensioni.

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«Il vero dramma per gli anziani è la sanità _ dice Enrico Grazioli, consigliere comunale a Mantova impegnato nel volontariato al centro sociale di Valletta Valsecchi _ l’accesso è molto complicato viste le liste d’attesa. Se si chiede un esame si viene mandati lontano, magari ad Asola, due mesi dopo: se non sei autosufficiente o non hai i soldi per ricorrere al privato, e anche lì cominciano ad esserci le liste d’attesa, devi rinunciare alle cure».

In città c’è una buona rete di supporto fatta dai servizi sociali, dalle case di riposo e dalle associazioni di volontariato

Basti pensare ai tanti casi di pazienti che per mancanza del medico di base sono costretti a emigrare in altri quartieri: il problema è raggiungere l’ambulatorio. Se si è soli, c’è il bus (Apam dà abbonamenti scontati agli over 65enni residenti in città), ma per un anziano non sempre è agevole salire e scendere dall’ autobus.

Decisivo il volontariato

Con simili premesse è lecito chiedersi se Mantova sia una città a misura di anziano. Difficile dare una risposta perché una univoca non c’è. Da un lato, c’è un Comune molto sensibile verso i problemi degli anziani che si prodiga nell’assistenza e nel sostegno anche grazie al decisivo apporto delle tante associazioni di volontariato che operano sul territorio.

Se si chiede un esame si viene mandati lontano, magari ad Asola, due mesi dopo

A questi si aggiungono lo Stato e la Regione, tramite l’Asst, che riescono a dare risposte ai più gravi, agli infermi, ma con le liste d’attesa nelle case di riposo e negli ospedali ricacciano indietro quanto di buono stanno facendo.

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Dall’altra parte c’è quella che Luciano Tonelli, presidente del Club delle Tre età, che in città assiste duecento anziani, chiama la mancanza della «cultura di diventare anziano», la capacità di ognuno e delle istituzioni di prepararsi e di preparare la gente al trascorrere del tempo. Eppure, sul fronte comunale le buone pratiche verso l’anziano non mancano.

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Dice l’assessore al welfare Andrea Caprini: «Noi intercettiamo i più fragili e i più bisognosi. In città c’è una buona rete di supporto fatta dai servizi sociali, dalle case di riposo e dalle associazioni di volontariato. In questi anni abbiamo implementato i servizi di assistenza domiciliare. Proseguiamo, anche dopo il Covid, con la consegna della spesa alimentare e dei farmaci a domicilio per una cinquantina di anziani e i nostri servizi sociali assistono direttamente 200 persone».

Farmacie e ambulatori

Spiega Caprini: «Abbiamo costruito gli alloggi protetti a Cittadella e interveniamo a supporto delle famiglie attraverso l’emporio solidale. La nostra farmacia Gramsci, aperta sette giorni su sette, sta diventando quel punto di riferimento per l’erogazione di servizi a cui sta pensando il governo».

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«Nei quartieri sosteniamo le associazioni che mettono a disposizione medici e infermieri volontari per la gente. E funziona bene il trasporto protetto che fa capo ad Aspef: basta telefonare e si ottiene l’appuntamento per essere portati in ambulatori e ospedali per visite ed esami».

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