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Quando il cibo è profitto: nelle sale il documentario contro gli allevamenti intensivi

Quando il cibo è profitto: nelle sale il documentario contro gli allevamenti intensivi

foto da Quotidiani locali

UDINE. Oltre 3 milioni di account raggiunti, più del doppio le visualizzazioni in rete, oltre 500 proiezioni. Sono i numeri di “Food For Profit”, il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi che sarà presentato mercoledì 27 marzo dalla regista a Udine, al Visionario, dopo la proiezione delle 19 e a Pordenone, nelle sale di Cinemazero, dopo quella delle 21. Numeri in impressionante ascesa.

«Un interesse inaspettato e sorprendente – ci confessa la giornalista – mi aspettavo che forse solo una sala in Italia lo avrebbe proiettato. Invece vederlo oggi nella top ten, mi stupisce, molto!».

Tra i protagonisti del giornalismo d’inchiesta, nota per il suo lavoro televisivo ad “Annozero” e “Servizio Pubblico”, poi sempre in prima linea anche per “Report”e Rai3 ha idee molto chiare.

«Noi non vogliamo mostrare violenza sugli animali, nessuno vuole vedere queste violenze strazianti. Però mostriamo una parte di quello che succede, grazie ai nostri infiltrati che sono riusciti a farsi assumere dentro questi allevamenti in Germania, Spagna, Italia, Polonia e, con la camera nascosta, sono riusciti a filmare quello che succede tutti i giorni all’interno degli allevamenti intensivi. Con “Food For Profit” vogliamo mostrare che non sono casi isolati, ma un sistema finanziato con i soldi di noi contribuenti».

Mercoledì scorso l’avete presentato in Parlamento, com’è andata?

«Benissimo! L’aula era piena di diversi senatori e deputati. Ci interessava mostrarlo alle istituzioni, portare al centro dell’attenzione politica le nostre proposte. Il film è un film politico, fermare gli enormi finanziamenti che vengono elargiti agli allevamenti intensivi di animali è una decisione che spetta alla politica. Il tema coinvolge tutti gli schieramenti, ma certo abbiamo rilevato che le sensibilità sono diverse».

Ci aiuti a capire, non è una contrapposizione tra frange di attivisti e semplici operai?

«Il problema non è denunciare qualche comportamento illegale di qualche allevatore. Noi denunciamo un sistema: l’allevamento intensivo degli animali funziona in modo industriale per ridurre i costi e aumentare i profitti, il maltrattamento animale è parte di questo sistema che non produce benessere né per gli animali né per i consumatori».

E non è una contrapposizione tra sistemi alimentari, carnivori e vegetariani?

«In realtà “Food For Profit” mostra le storture del capitalismo. Al posto di food avremmo potuto mettere altre cose, Pharma for Profit per esempio. Quello che mostriamo è come il capitalismo funziona, il suo sistema di fare spazio a vantaggi e di generare profitto per pochi, nel nostro caso con la connivenza dell’industria e gli interessi della politica».

Le immagini sono dure, esplicite già dai primi minuti, tra l’altro partite proprio dal Veneto, un’azienda a pochi chilometri da noi. Come reagisce il pubblico?

«A differenza di altre mie inchieste questa volta la gente rimane colpita e mostrano tutti la determinazione a fare subito qualcosa. Anche i più informati escono dai cinema colpiti, e tutti vogliono rivedere innanzitutto il loro modo di mangiare».

Messi con le spalle al muro, i politici si giustificano dicendo che il sistema è irreversibile, la Cina è già più avanti di noi, sembra una ragione fondata.

«Se l’Europa ha come modello la Cina, se la vuole inseguire è destinata al fallimento. Va detto che lo sfruttamento intensivo degli animali non darà carne per tutti. Dobbiamo abbandonare questo sistema, tali allevamenti sono uno spreco che non ci porterà benessere, anche in termini di impatto ambientale».

La soluzione, alla fine, siamo noi?

«Noi abbiamo due strumenti, il voto, e con le europee abbiamo la possibilità di eleggere persone che si preoccupano davvero del futuro dell’ambiente e di non finanziare gli allevamenti intensivi. E come consumatori siamo noi a decidere dove va il nostro denaro. Dobbiamo impegnarci tutti, noi la nostra parte la facciamo, martedì 26 realizzeremo un flash mob davanti al Consiglio regionale del Veneto, porteremo le carcasse di polli che proprio in Veneto sono la dimostrazione del disastro nel nome del profitto».

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