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Negati gli arresti domiciliari per Filippo Mosca e i due amici: restano in carcere in Romania. “In un tunnel da 11 mesi, la politica ci aiuti”

Filippo Mosca e gli altri due ragazzi italiani arrestati in Romania con l’accusa di spaccio resteranno in carcere. La cella del carcere di Porta Alba, a Costanza, resterà sbarrata per Filippo Mosca, Luca Cammalleri e una terza ragazza italiana: dopo una reclusione di quasi 11 mesi e una condanna in primo grado a 8 anni e 3 mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti, i giudici romeni hanno infatti confermato le misure cautelari, respingendo ancora una volta la richiesta, da parte dei legali, degli arresti domiciliari.

La madre di Mosca: “La politica? Nessun ruolo fondamentale”
Non mi aspetto più nulla dal giudizio della sentenza di appello e non mi pare che le intenzioni dei giudici siano le migliori. Sono giudici vergognosi” ha riferito Ornella Matraxia, madre di Filippo. “Non credo che la politica italiana – aggiunge la madre del detenuto – abbia svolto un ruolo fondamentale in questa storia che ci ha fatto entrare nel tunnel più buio ormai da 11 lunghi mesi. L’ambasciata è stata presente ma ci dicono sempre che non possono entrare nel merito e nelle decisioni del sistema giudiziario romeno. Siamo disperati”. La mamma del detenuto ricorda che i funzionari dell’ambasciata sono stati lasciati fuori in occasione dell’udienza di marzo, così come i rappresentanti delle associazioni che stanno seguendo il caso. “Nel frattempo – dice -, viviamo nella disperazione, come Filippo che si è trovato all’improvviso coinvolto in fatti che ha sempre respinto perché non ha mai commesso”.

Il 5 aprile l’eurodeputata Francesca Donato (Nuova Dc) assieme all’ambasciatore d’Italia in Romania farà una visita in carcere a Filippo, Luca e alla ragazza per verificare le loro condizioni di detenzione, che in questi mesi sono leggermente migliorate. “Vivono come fossero in isolamento – dice Ornella Matraxia – non sono più 24 in cella, ma passano l’ora d’aria in un piccolo cortile di pochi metri quadrati, il cibo continua ad essere pessimo sia nella qualità che nella quantità. E Filippo, che soffre di problemi gastrici, dovrebbe seguire un regime dietetico ben preciso”. Le famiglie mandano soldi per consentire ai ragazzi italiani di comprare scatolette nel minimarket del carcere.

Il fratello di Cammalleri: “Ha lo sguardo perso”
Luca ha perso il sorriso, ogni volta che lo vado a trovare lo vedo ingrassato, con lo sguardo perso nel vuoto e l’unica cosa che lo tiene in vita sono le nostre telefonate” racconta invece Pietro Cammalleri, il fratello di Luca. “Luca è sempre stato un ragazzo solare – aggiunge – un ragazzo che ha girato l’Europa, ha compiuto 30 anni a giugno chiuso in cella. Al telefono mi ripete che è stanco, che sta male e noi soffriamo con lui per questa situazione assurda. Si rende conto che non ci sono speranze di tornare a casa, l’unica cosa che desideriamo per Luca e per i ragazzi”. Pietro Cammalleri lavorava come informatore medico-scientifico a Cremona, ma appena è scoppiato il caso del fratello ha chiesto alla sua azienda di essere trasferito a Caltanissetta per stare vicino alla madre. “Non fa nulla tutto il giorno – spiega Pietro – l’unico svago è la tv che ovviamente è in romeno, in quel carcere non si fa alcuna attività culturale, sportiva, lavorativa. Questa è violenza psicologica, è una vita terribile. Noi soffriamo insieme con Luca”, conclude.

Di cosa sono accusati
Mosca, originario di Caltanissetta, lo scorso aprile aveva deciso con alcuni amici di andare al festival di musica Mamaia, che si svolge ogni anno a inizio maggio a Costanza.
A poche ore dal volo di ritorno, nell’hotel dove i giovani alloggiavano è stato consegnato un pacco con all’interno 150 grammi di stupefacenti tra ketamina, hashish e mdma. Il pacco era destinato alla ragazza, come dichiarato da lei stessa. Nonostante questo il tribunale ha condannato tutti e tre. Del caso – oltre alle autorità italiane – si occupa attualmente anche l’associazione Nessuno tocchi Caino. “Mi è stato consigliato di chiedere l’estradizione in Italia, ma Filippo si è sempre rifiutato di riconoscere un fatto non commesso. Chiediamo solo di avere un giudizio imparziale e condizioni che rispettino la dignità umana”, ha dichiarato ancora la madre di Filippo.

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