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Tra fondi agricoli e rimorchiatori, la Procura europea punta i fari a Est

BELGRADO Uno spettro, benigno però, si aggira per l’Europa. Ed è sempre più attivo in particolare a Est e nei Balcani già membri dell’Ue, accendendo fari su furbetti, criminali e politici e amministratori in odor di corruzione. Parliamo di un’istituzione lanciata nel 2017, ancora relativamente poco conosciuta ma molto intraprendente: è la Procura europea (Eppo) con sede in Lussemburgo, guidata fin dal suo esordio da Laura Kodruta Kovesi, coraggiosa magistrata romena che per anni, nella sua Bucarest, aveva combattuto il malaffare, scontrandosi anche con la classe politica al potere, che l’aveva cacciata in malo modo dalla poltrona di capo dell’Autorità nazionale anti-corruzione perché troppo scomoda, nel 2018.

Altri tempi. Kovesi e i suoi uomini infatti lavorano oggi sotto l’egida dell’Unione, ma allo stesso mantenendosi indipendenti per avere mani libere contro il crimine che porta danni ai bilanci dell’Ue. E dalla Romania alla Bulgaria, arrivando alla Croazia e oltre, indagano a tutto tondo. Lo si può toccare con mano andando a scoprire le ultime azioni dell’Eppo, in gran parte focalizzate proprio in Paesi dell’Europa centro-orientale e nella regione balcanica. Ultima della serie, un’indagine in Croazia, con «tre arrestati con il sospetto di frode» per sussidi Ue incassati illecitamente da parte di piccole e medie imprese fittizie create durante la pandemia nell’area di Medjmurje, pare solo per incassare aiuti europei. Il danno all’erario, oltre 200mila euro. Briciole, se paragonate all’affare per l’acquisto di due rimorchiatori da mettere in servizio nel trafficato Delta del Danubio, in Romania, per un valore di sette milioni di euro. «Si sospetta che funzionari pubblici abbiano presentato documenti incompleti e approssimativi per finanziare il progetto», ha annunciato qualche giorno fa la Procura, specificando di aver «mobilitato decine di poliziotti» per perquisizioni e far luce sul caso.

Ed è ancora niente rispetto a un caso che riguarda anche l’Italia, svelato sempre dall’Eppo di Kovesi. Si tratta del mega-contrabbando di carburanti, prelevati da stazioni di servizio compiacenti in Slovenia e in Croazia e poi trasferiti illegalmente in Italia da parte di una organizzazione criminale ironicamente battezzata dagli investigatori «famiglia del carburante». A finire nel mirino almeno otto persone, tra cui il capo della banda, sospettate di aver truffato le autorità per 300 milioni di euro in Iva inevasa.

E l’elenco delle più recenti operazioni dell’Eppo potrebbe continuare. Sotto tiro, nel solo mese di marzo, un funzionario pubblico romeno indiziato di danno erariale per 1,6 milioni in un progetto per l’impiego; senza dimenticare, in Croazia, gli arresti in un caso di frode in fondi Ue per l’agricoltura. E poi ancora fermi in Cechia in una vicenda di corruzione nella fornitura di materiale sanitario agli ospedali – si parla di un 10% di mazzette sul valore totale degli appalti – e ancora le indagini a febbraio all’Università di Zagabria e poi potenziali frodi nell’ambito degli appalti di materiale informatica in Romania.

Sono flashback delle più recenti indagini di Eppo che sono confermate anche dai dati ufficiali per il 2023. L’anno scorso infatti la Procura europea ha condotto 1.927 investigazioni su casi oscuri con potenziali danni agli erari nazionali di 19,2 miliardi di euro. Di queste, 215 hanno toccato la Romania (1,9 miliardi di danni stimati per casi di malaffare), 107 hanno riguardato la Bulgaria (405 milioni), 47 la Croazia (278 milioni), "solo" 23 la piccola Slovenia (46 milioni), con l’Italia fra i paesi al top, con 618 indagini (7,3 miliardi).

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