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Vuole gettarsi dal tetto, fermata dai pompieri: «Così abbiamo salvato la vita della ragazza»

Alberto Velo fa il vigile del fuoco a Treviso da 34 anni, nello specifico, il suo ruolo è quello di gestire il soccorso tecnico urgente. È stato lui la mattina di mercoledì 3 aprile a coordinare l’intervento di salvataggio della ragazza di 26 anni che voleva mettere fine alla propria vita gettandosi dal tetto della sua casa a Volpago del Montello.

L’intervento dei vigili del fuoco è stato provvidenziale,

: sono stati loro,con grande sangue freddo, a riusciti a portare la giovane a terra, salvandola da un volo che non le avrebbe lasciato scampo.

Come siete riusciti a salvare la vita alla ragazza?

«Erano circa le 5.30 di ieri mattina e abbiamo ricevuto la telefonata di un ragazzo, che ci chiedeva di intervenire per portare in salvo la sua compagna che era salita sul tetto per uccidersi. Ho allertato la squadra di Montebelluna con cinque uomini e ho affiancato due uomini da Treviso con l’autoscala con le ruote, cioè quella che arriva molto in alto, peccato però che per conformazione dello stabile non è stata risolutiva. È stato un intervento critico».

In che senso?

«Per raggiungerla abbiamo dovuto utilizzare lo stesso metodo utilizzato da lei: dopo essere saliti sulla scala di legno ci siamo aggrappati al tetto per salirci e raggiungere l’estremità dove si trovava la ragazza, nel frattempo altri uomini della squadra hanno posizionato a terra dei materassi, nel caso si fosse buttata improvvisamente».

Si sono presentate altre criticità?

«La giovane era completamente assente, non rispondeva alle nostre domande, non parlava, questo a causa dei farmaci che aveva ingerito, quindi qualunque suo gesto era imprevedibile. Non sapevamo come si sarebbe comportata e se ci avrebbe ascoltato. Per fortuna si è lasciata guidare e siamo riusciti a portarla in salvo. Abbiamo dovuto agire in fretta senza programmare prima. In questo caso abbiamo lavorato tanto di psicologia, abbiamo cercato di tranquillizzare la ragazza, per esempio non abbiamo utilizzato le sirene, perché avrebbero potuto spaventarla fino a far degenerare la situazione».

Accade spesso così?

«Solitamente dobbiamo rispettare delle Pos, cioè delle procedure operative standard che ci dicono come muoverci, ma in questo caso abbiamo dovuto trovare la soluzione ideale: fare le cose nel minor tempo possibile e nel modo migliore».

La settimana scorsa una donna si è suicidata a Cornuda. È un fenomeno in aumento?

«Sono 34 anni che faccio questo lavoro e non ci sono mai stati tutti questi casi, credo che sia dovuto a un mal stare, un fattore psicologico. In giro non si vedono più persone con il sorriso, dicono di aver tanti problemi e così la gente si ammala e cade in depressione».

Come fate a mantenere il sangue freddo in momenti come questo?

«Siamo concentrati sull’intervento. In quel momento pensi solo a quello, non hai tempo di farti prendere dal panico o dalle distrazioni. Noi siamo come mamme e i cittadini sono i nostri figli. Come la mamma fa di tutto per proteggere il proprio figlio, così facciamo anche noi».

Non siete mai stanchi?

«Salvataggi come quello di mercoledì fanno del bene anche a noi, ci gratifica Questa è la forza che ci fa amare il nostro lavoro. Siamo dei privilegiati perché facciamo un lavoro che ci piace e possiamo aiutare le persone».

Merito anche della squadra, quindi...

«Il nostro punto di forza è proprio la squadra. Ognuno di noi è specializzato in qualcosa, ha un’attitudine precisa e alla fine portiamo a casa il risultato. In questo caso tutti sono stati bravissimi e proporrò l’elogio».

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