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Venerdì a Grado i funerali di Marco Felluga, il patriarca del vino che tentò fino all’ultimo di difendere il Tocai

GRADISCA Marco Felluga se ne è andato martedì sera nella sua casa di Gradisca d’Isonzo. Aveva 96 anni. Il funerale verrà celebrato venerdì 5 aprile alle 15 in quella Grado dove nel 1920 il padre Giovanni arrivò per allargare il commercio di Refosco e Malvasia prodotti dalla famiglia in Istria e dove lui stesso era nato quasi un secolo fa.

La morte del patriarca dei produttori di vino del Friuli Venezia Giulia lascia un vuoto nel mondo dell’enologia non solo a livello regionale.

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Una dinastia dall’Istria al Collio

Quarta generazione di una dinastia partita da Isola d’Istria nella seconda metà dell’Ottocento e arrivata nel Collio dopo essere passata prima da Grado poi da Gradisca d’Isonzo, Marco Felluga è stato da sempre innamorato del proprio lavoro e, nonostante i molti riconoscimenti ottenuti dai suoi vini, ha sempre considerato quel suo lavoro come una passione da portare avanti con umiltà, giorno dopo giorno, come un divertimento e mai come un peso. «Non ho mai pensato di essere arrivato, o di essere qualcuno. Perché c’è sempre qualcosa da imparare nella vita», aveva detto in occasione del suo novantesimo compleanno. Avrebbe potuto guardare orgogliosamente indietro, invece continuava a guardare in avanti verso il futuro.

Un punto di riferimento

Punto di riferimento ascoltato e riconosciuto del settore enologico, in lui il desiderio di imparare era innato. Sosteneva che il vino rappresentasse un progetto in perenne evoluzione e che c’era sempre la possibilità di migliorarlo, offrendo qualcosa di più. In quest’ottica aveva frequentato già da adulto un anno di enologia alla scuola di Conegliano. «Volevo saperne di più di questo mondo», aveva raccontato in un’intervista. E per imparare visitò spesso anche la Francia per carpire i segreti dei maestri della Borgogna, della Loira e del Bordeaux.

La cantina era la sua sala giochi

Classe 1927, penultimo di sette figli, era cresciuto respirando l’odore del vino. Nella biografia “Una storia di intuizioni” scritta dall’amico Walter Filiputti, Marco Felluga raccontava che la cantina gestita dal padre era la sua sala giochi, era il luogo «dove si nascondeva tra le botti». Dunque per lui quel mondo rappresentava naturalmente la sua casa.

La carriera

Presidente del Consorzio vini del Collio per più mandati («Anni molto piacevoli, nei quali ho più ricevuto che dato», disse), fondò la sua prima azienda nel 1956, la Marco Felluga, a Gradisca d’Isonzo, facendola presto diventare un punto di riferimento per tutto il territorio. Poi nel 1967 ci fu l’acquisizione di uno dei pezzi più pregiati del Collio, la cantina di Russiz Superiore, tenuta con oltre 700 anni di storia con vigneti adagiati sulle colline che guardano alla Slovenia. Per chiudere l’affare gli ci vollero molti mesi ma alla fine, anche grazie a una “soffiata” del fratello Livio, raggiunse l’obiettivo che si era prefisso.

La battaglia del Tocai

La battaglia del Tocai lo vide tra i protagonisti e non digerì mai il cambio del nome in Friulano. Su tutti i vini amava in particolare il Pinot bianco, tanto che avrebbe voluto unire i produttori in una sorta di consorzio per la sua valorizzazione. Considerata la sua statura, il Consorzio Collio gli aveva riconosciuto la presidenza onoraria.

«Abbiamo perso in poco tempo prima il figlio Roberto, poi Marco, i fulcri del nostro territorio», ricorda David Buzzinelli, attuale presidente del Consorzio Collio che con Felluga aveva iniziato la sua avventura consortile. «Di certo la perdita di Marco - aggiunge Buzzinelli - è dura per tutta la famiglia, a cui va la nostra vicinanza, ma è dura anche per tutto il nostro territorio. Con lui il Consorzio era passato da un approccio tecnico a uno più promozionale. Da me aveva preteso subito il tu. Per me, lui è stato una guida. Averne persone del suo spessore. È stato molto importante».

I riconoscimenti

Nel 2017, in occasione del suo novantesimo compleanno il Comune di Capriva del Friuli gli riconobbe la cittadinanza onoraria e nel 2019 venne insignito del titolo di commendatore dell’Ordine Al merito della Repubblica italiana dal presidente Sergio Mattarella.

Nel 2019 aveva perso la moglie Maria Alba Pipani con la quale aveva condiviso la vita e dal cui matrimonio erano nati i figli Patrizia, Roberto e Alessandra. Con le due figlie lascia anche la nipote Ilaria che nel 2021 dopo la morte del padre Roberto era subentrata nella gestione delle due aziende vitivinicole.

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