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Il deputato leghista e i contatti con “l’amico” arrestato nell’indagine di Bari: “Mi chiamò per essere assistito. Ero già consigliere, rinunciai”

C’è anche il deputato della Lega Davide Bellomo tra i politici citati nelle carte dell’inchiesta della procura di Bari che ha portato ai domiciliari Sandro Cataldo, marito dell’ormai ex assessora regionale Anita Maurodinoia, con l’accusa di corruzione elettorale. L’onorevole del Carroccio e avvocato penalista, non indagato, è citato perché sostanzialmente è tra i primi a venire a sapere che Armando Defrancesco, il “delfino” di Cataldo, nel 2021 aveva intenzione di “vuotare il sacco”. I due, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, sono “amici di vecchia data” e il deputato viene contattato per decidere sul da farsi da un punto di vista formale.

Vive insomma quasi in presa diretta la genesi dell’indagine e – secondo degli investigatori – dà un consiglio allo stesso Defrancesco, che in quel momento aveva rotto i rapporti con Cataldo. In seguito Defrancesco non confermerà davanti ai magistrati quanto aveva raccontato a un finanziere e oggi è ai domiciliari. Il finanziere è il maresciallo Gaetano Leone, all’epoca sospeso poiché coinvolto in un’inchiesta nata da una denuncia proprio di Cataldo. Probabilmente Defrancesco lo contattò, stando ai pubblici ministeri, perché immaginava che lo avrebbe ascoltato visti i cattivi rapporti con il marito dell’assessora, ora dimessasi. Quello che non sapeva è che il finanziere registrò l’incontro e poi scrisse una relazione di servizio.

La ricostruzione dell’accusa riguardo il contatto con Defrancesco – che in un messaggio, in parte omissato, chiamandolo “amico mio” chiedeva di “non essere abbandonato” – è confermata dal parlamentare leghista a Ilfattoquotidiano.it: “Sono un avvocato penalista e Defrancesco si rivolse a me per essere assistito. All’epoca ero però già capogruppo della Lega in Consiglio regionale e la vicenda rischiava di essere strumentalizzata – spiega Bellomo – Pur non avendo un’incompatibilità formale non mi sembrava opportuno assisterlo. Per questo, gli consigliai di andare da un collega stimato come Michele Laforgia, all’epoca al di sopra di ogni sospetto politico e solo oggi candidato alle primarie del Pd per le Comunali”.

Un consiglio che emerge anche dalle carte. Secondo il racconto di Defrancesco al finanziere, dopo la telefonata con Bellomo “si era recato” da Laforgia “per chiedergli espressamente di fissare un appuntamento in Procura con un magistrato, al quale avrebbe direttamente rilasciato le dichiarazioni già anticipate a loro. Tale incontro non risulterà essersi poi mai concretizzato”. A tre anni di distanza da quei giorni, Defrancesco è finito ai domiciliari perché alla fine ha ritrattato le accuse raccontate al finanziere. Bellomo ha mai informato l’autorità giudiziaria di quanto era venuto a sapere in quei giorni? “Ero vincolato al segreto professionale”, precisa il deputato leghista.

Tra i due, qualche mese dopo, ci sarebbe stato un nuovo contatto su WhatsApp, recuperato dai magistrati nonostante il “delfino” di Cataldo avesse svuotato le chat alla vigilia della convocazione in procura come persona informata sui fatti. Compresa quella con Bellomo. È “assai verosimile”, si legge, che Defrancesco “abbia immediatamente intuito quale avrebbe potuto essere l’interesse dell’autorità giudiziaria ad ascoltarlo, per cui si deduce essersi premurato di notiziare della cosa l’avvocato Davide Bellomo”. Dai messaggi, scrivono gli inquirenti, “si rileva come l’avvocato Bellomo abbia interesse a ché, come evidentemente da egli stesso consigliatogli, Armando vada a discutere della cosa con l’avvocato Michele Laforgia”.

Ricorda anche questo, Bellomo? “Stiamo parlando di tre anni fa, dopo aver dato i riferimenti di Laforgia non ho idea di cosa abbia fatto. Non posso aggiungere molto altro perché fa parte del segreto professionale. È stato un brevissimo mandato”. Il deputato della Lega conferma anche la conoscenza pregressa: “Sì, lo conosco da tanto tempo perché quando ero l’assessore provinciale (all’attuazione del programma trasparenza e legalità, ndr) nella giunta Schittulli, lui era una persona vicina al Movimento Schittulli, nel quale militava proprio Anita Maurodinoia”. Un progetto politico, quello dell’oncologo, abbandonato poi da Bellomo nel 2015. Entrato nella Lega negli scorsi anni, è approdato alla Camera nel 2022 e nelle scorse settimane è stato tra i parlamentari baresi più attivi nel denunciare quanto emerso nell’inchiesta mafia-politica nella città capoluogo, arrivando a leggere in aula stralci dell’ordinanza cautelare che aveva portato in carcere 130 persone.

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