Ramadan a Roma, Rampelli: “Gli uomini pregano, le donne rinchiuse dietro una rete da pollaio” (le foto)
Le donne musulmane, esseri inferiori, rinchiuse dietro recinti per polli, mentre gli uomini sono degni di pregare Allah e di salvarsi. È l’immagine plastica del giornata conclusiva del Ramadan nella capitale. La denuncia arriva dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli che pubblica le foto dello scandalo e annuncia un’interrogazione al ministro dell’Interno Piantedosi. Proprio nel giorno in cui Soumahoro, beffa delle beffe, propone di introdurre la fine del Ramadan tra le feste nazionali della Repubblica.
Ramadan, Rampelli: donne rinchiuse dietro reti da pollaio
“Ci risiamo. Ecco le immagini della giornata conclusiva del Ramadan, la festa che interrompe il digiuno per i fedeli dell’Islam, provenienti da Roma, quartiere Centocelle. Gli uomini si inginocchiano e pregano Allah. È giusto, ognuno dei circa due milioni di musulmani residenti in Italia ha il pieno diritto di farlo, anche pubblicamente. Le donne, invece – osserva il parlamentare di FdI – sono rinchiuse in un recinto e discriminate. Non possono pregare, ma neppure guardare gli uomini chini verso la Mecca. Infatti una rete da pollaio con telo oscurante impedisce loro di guardare nel settore dei fedeli in preghiera perché sono ‘esseri inferiori’. E non devono avere accesso né diretto né indiretto alla fede”.
“A nessuno è lecito violare le nostre leggi”
“Si potrebbe obiettare – prosegue Rampelli – che esiste una libertà individuale, domestica o al limite religiosa che consente a ciascun cittadino di fare ciò che vuole se non infrange l’altrui libertà. Nella sua casa, nella sede di un’associazione o nella grande Moschea di Monte Antenne. Già, ma qui si sta a Piazza dei Mirti, sul suolo della Repubblica italiana. Dove a nessuno dovrebbe essere consentito di violare le nostre leggi e i nostri precetti costituzionali, rischiando di indurre altri cittadini a comportarsi in modo analogo”.
“Dove sono le donne di sinistra?”
Una evidente e intollerabile discriminazione delle donne, sulla quale però la distratta sinistra non proferisce verbo. “È giusto – chiede Rampelli – far esibire pubblicamente a un gruppo di professanti la reclusione illegale e incostituzionale della donna in quanto tale e la menomazione dei suoi diritti primari? La risposta è certamente chiara: non è giusto. Ed è legale? Qui inizia invece il mistero…”.
Il diritto di culto non può confliggere con la nostra civiltà
Nel frattempo – conclude Rampelli – non si trova una sola donna di sinistra, non dico una femminista, che s’indigni e protesti. Diritti al rovescio. “In ogni caso su questa materia occorre giocare meno. E dare risposte che tengano insieme il rispetto della nostra civiltà e del suo ordinamento con il diritto dei fedeli musulmani a seguire la loro fede”.
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