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Monfalcone, in 3.000 per la Festa del Ramadan. Konate: «Il futuro qui è pure nostro»

MONFALCONE Hanno pregato Allah perché non piovesse a dirotto e sono stati graziati. Asciutti i copricapi topi, che al salmodiare dell’imam come vivaci coriandoli hanno fluttuato sulla spianata di cemento dell’ex discount Hardi, e preservati i punjabi, le vesti ricamate tenute in serbo per la festa.

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L’Eid Al Fitr, la rottura del digiuno a epilogo del mese di Ramadan, si è consumata mercoledì. A 10 giorni di distanza dalla Pasqua cristiana e 25 prima di quella ortodossa. Soprattutto: nel rispetto della fascia oraria comunicata a Questura e Prefettura, a spanne dalle 6.45 alle 11.30. E consegnando un messaggio di «pace nel mondo e fratellanza».

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Ma anche di desiderio palpabile d’essere considerati «parte della comunità monfalconese»: 30.188 cittadini in tutto, il 32% stranieri. Perché dire che su questo nono mese islamico, sacro per via del Ramadan, non sia gravato il contenzioso amministrativo in atto con il Comune (e il conseguente destino delle due strutture di via Duca d’Aosta e don Fanin) sarebbe falso.

Questo desiderio, un’aspirazione, il presidente del Baitus Salat Rejaul Haq, l’ha scandito netto ai fedeli musulmani, lì radunati a turni per un totale di quasi 2 mila anime. In lingua madre, ma prima ancora in italiano. Un prologo delle preghiere canoniche recitate dagli imam Mohamad Alamin, Mohamud Belal e Mobarak Hossain, su tre turni.

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Haq: «L’Italia è il nostro Paese e dobbiamo amarlo rispettando le sue leggi. L’osservanza delle norme è fondamentale. Teniamo pulito e paghiamo gli affitti dei condomini: è molto importante. Perché siamo in tanti e se non si rispettano le regole non va bene. Dobbiamo dimostrare che siamo parte di questa comunità. Mashallah».

Tradotto: «Come Allah ha voluto». A margine Haq ha ribadito la necessità «di mettersi attorno a un tavolo con il Comune», nello spirito di adattare, per la parte islamica, gli aspetti che l’ente ritiene debbano essere corretti, in riferimento alle sedi. Per chiarire: «Se il Comune pensa sia corretto che buttiamo giù l’ex Hardi per poi ricostruirlo nuovo, di modo che sia statico e agibile, noi siamo disponibili a farlo».

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Ma l’Eid Al Fitr s’è allestito pure nell’area privata esterna del centro Darus Salaam di via Duca d’Aosta (280 associati presenti a ciascuno dei due turni, più altri tre da 170), sede rimasta “congelata” su recente ordinanza del Consiglio di Stato in merito alla sospensiva dell’istanza di ripristino della destinazione d’uso (direzionale e commerciale) dei locali, emessa da un dirigente del Comune.

E lì ha parlato Bou Konate (foto in basso), presidente onorario, in tunica bruna: «Buone feste a tutta la cittadinanza, sono qui da 40 anni e penso di non aver mai passato un mese di Ramadan così. A lottare per dover pregare: trovo sia vergognoso. Dovremmo ripensarci un po’ tutti e particolarmente la sindaca: qui siamo e qui resteremo. Non credo che qualcuno si sposterà. Il futuro di questa città è anche nostro. Ci auguriamo di passare veramente momenti migliori. Inshallah». Se Dio vorrà, dice.

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E, pure lui, precisa meglio: «Abbiamo scelto di risiedere a Monfalcone, stiamo cercando di ottenere un cimitero: vorrà pur dire qualcosa? Non è una priorità, certo. E infatti attendiamo tempi migliori. Sarebbe bastato mettersi a un tavolo. Dove si va, litigando con un terzo della popolazione?». E ancora: «Davanti alle obiezioni del Comune, su temi tecnici, ci saremmo adeguati. Abbiamo perso troppo tempo dietro a questa vicenda, ci sono altri problemi, più importanti, da affrontare. E come ho detto prima ai fratelli, mi auguro di poter pregare altri 50 anni qui!». Per la cronaca Konate, ieri con tutore al braccio destro dopo un recente intervento alla spalla, ne ha 62, di anni.

Al netto delle prese di posizione sull’argomento di stretta attualità è stata una festa, condita dai palloncini. Al Baitus, dopo che a cantilenare le preghiere c’ha pensato l’imam Abdelmajid Kinani, s’è anche assaporato il cibo tipico della festa, poi proseguita nelle case private, dove le donne – che non si sono viste all’Eid Al Fitr, a differenza delle bambine, vestite degli abiti più belli, con le ballerine sbrilluccicose – hanno preparato i successivi banchetti.

Per dare un’idea al Baitus i datteri, in due confezioni da 20 chili, sono spariti col primo turno di preghiera, già alle 7. Si è servito poi semai (noodles con riso di soia), zorda (riso allo zafferano, frutta secca e latte). E prima di andare via, un’offerta al box della fitra.

Un’ultima annotazione, sul fronte della sicurezza. La manifestazione s’è svolta senza increspature, grazie alla presenza discreta (in borghese) di una quindicina tra poliziotti e personale della Digos che hanno seguito con scrupolo entrambi i riti. Il Questore Luigi Di Ruscio l’ha confermato: «Non si sono verificati problemi di ordine pubblico o pubblica sicurezza. Non c’è stata alcuna turbativa».

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