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Il loro figlio ha trovato posto in asilo ma non nel rione dove vivono: «Così non si aiuta la famiglia»

TRIESTE Alle nove passate di sera, con il bimbo che dorme di là, c’è il tempo per respirare un po’, guardarsi in faccia e fare discorsi da grandi. «Cosa facciamo adesso?», domanda Matteo alla sua compagna Giulia, ora che sono uscite le graduatorie per gli asili e il loro figlio di 3 anni è rimasto escluso. Avevano fatto domanda ai “Primi voli”, la struttura comunale di via Mamiani, sotto piazzale Rosmini, a San Vito.

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Matteo Marino, 42 anni, e Giulia Bacchia, 37, abitano proprio in quel rione. Non sono sposati, ma convivono stabilmente da molto. Lui agente di commercio con partita Iva e allenatore di calcio dei ragazzini del Sant’Andrea, lei insegnante precaria delle elementari che, nel (poco) tempo libero, sta tentando di laurearsi. Due paghe normali, appartamento arredato con un certo gusto moderno, spesa che si fa una volta alla settimana approfittando, quando si può, delle offerte.

«Avevamo fatto domanda online lo scorso 15 gennaio ai “Primi voli” (è possibile indicare un’unica opzione, ndr) perché – spiegano – è nel quartiere in cui abitiamo, è vicino a casa e con gli spostamenti mattutini dei nostri rispettivi lavori ci è pratico».

Invece niente. Il loro bimbo, fino a Pasqua, era nono nella graduatoria provvisoria della lista di attesa, ora è sesto in quella definitiva. «Siamo fuori senza una motivazione», precisano. Ma c’è la possibilità di presentare domanda altrove, cioè in altre scuole d’infanzia comunali analogamente ad altre 150 famiglie che sono nella stessa situazione.

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Qual è il criterio che li ha esclusi? Mistero. «Nel modulo – osservano Giulia e Matteo – viene chiesto l’asilo nido di provenienza del bambino, le professioni dei genitori, la residenza e ovviamente qual è la struttura prescelta che appunto è unica. Il fatto è che costituire un nucleo famigliare, come siamo noi, paradossalmente è uno svantaggio: se non abitassi assieme al mio compagno – sottolinea Giulia – ma da un’altra parte e con il figlio a carico, sarei considerata una mamma single e quindi avrei ottenuto il posto in asilo. Ci sono coppie non sposate che infatti indicano la residenza del figlio con la madre, anche se vivono nello stesso tetto con il padre».

A Matteo e Giulia era già successo di rimanere fuori il primo anno di nido. «Ci siamo arrangiati grazie l’aiuto dei nonni», fanno notare. Ora devono decidere se tentare l’iscrizione in un’altra scuola d’infanzia comunale dove ci sono posti liberi, ad esempio in zona Poggi, Valmaura, Ponziana, Servola, Gretta, San Giovanni, San Luigi o Barriera, perdendo però il sesto posto ai “Primi voli. «Una struttura situata in un’altra zona della città, distante da casa, è un problema per gli spostamenti del mattino visti i nostri orari di lavoro», rilevano Giulia e Matteo. «Chi porta il figlio in asilo ogni mattina? Io ad esempio devo essere nella scuola elementare, dove lavoro, alle sette e mezza».

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Resta la possibilità di valutare una struttura privata vicina. Che, come si può immaginare, costerebbe parecchio di più pesando sul bilancio mensile. «Il discorso – riflettono ancora – è che non si capisce quale sia il criterio per cui nostro figlio è stato escluso dall’asilo del suo rione. Sentiamo dire dappertutto che bisogna incentivare le nascite – continuano Matteo e Giulia – invece fai un bambino e ti trovi con problemi del genere: la circoscrizione non fornisce i servizi, in questo caso strutture per i piccoli, di cui avrebbe diritto chi vi abita. Abbiamo telefonato in Comune per avere spiegazioni, ci è stato risposto che sono avvantaggiati i bambini con disabilità, e questo non si discute, e poi le mamme single, le famiglie disastrate e gli stranieri». —

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