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Malati terminali in casa: a Padova manca la metà dei medici per le cure palliative

Si definiscono cure palliative, l’insieme di interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, volti a migliorare il più possibile la qualità della vita sia del malato in fase terminale che della sua famiglia.

Un diritto universale soprattutto in una sanità universalistica, che dà il senso del livello di civiltà di una società sempre più longeva e malata. Eppure.

Se è vero che si parla di 3 palliativisti ogni 100 mila abitanti adulti, nel Padovano dovrebbero esserci circa 24 medici dedicati. Oggi ce ne sono 10 di professione, cui si aggiungono 4 medici di medicina generale con le competenze necessarie – e quindi certificati – a dare una mano.

Tuttavia questi ultimi sono stanziali e quindi operativi su un territorio molto più limitato. Di fatto, tenendo conto dei limiti, a tagliarla dritta manca la metà dei palliativisti.

A denunciarlo sono i numeri. Secondo la Società Italiana di Cure Palliative infatti, per gli standard di personale medico e infermieristico necessari a far funzionare le Reti locali di cure palliative dell’adulto mancano all’appello più del 50% dei medici palliativisti – molti dei quali hanno un’età elevata – e oltre due terzi degli infermieri per l’assistenza.

Tuttavia, in Veneto non tutte le Usl dispongono di infermieri specializzati e spesso, come nel caso dell’Euganea, si affidano all’esperienza dei professionisti dell’assistenza domiciliare integrata.

Fatta la legge, trovate le falle

La normativa parla chiaro come spiega il dottor Cataldo Michele Mastromauro, direttore dell’Uoc Cure palliative dell’Usl 6: «Ci sono due leggi che forniscono una cornice molto ricca e fonte di grandi possibilità» dice «la prima prevede che entro il 2025 ci sia uniformità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in tutti gli ambiti – domicilio, hospice e ospedale –, mentre una seconda chiede un piano di potenziamento da parte della Regione per arrivare entro il 2028 a intercettare il 90% della popolazione in stato di bisogno: diversamente non si avrà accesso al finanziamento integrativo».

Due anni fa sono quindi stati stabiliti i criteri per accreditare la Rete locale delle cure palliative che vede l’Unità operativa governare la rete di medici di medicina generale, infermieri, Rsa e associazioni di volontariato «con il compito di intercettare il paziente» prosegue Mastromauro «e l’obiettivo di garantire una presa in carico nei diversi percorsi, dalla casa all’Rsa, all’Hospice».

A valutare il percorso di accreditamento di ciascuna Usl in Veneto sarà Azienda Zero.

Gli strumenti

«Per sostenere la crescita sono necessarie l’intercettazione delle risorse del Pnrr e la formazione universitaria» prosegue «la scuola di specialità, creata due anni fa, è un gran passo in avanti.

Prima, la maggior parte degli “specialisti” che afferivano alle cure palliative erano pediatri, internisti, medici di medicina generale e oncologi. In Italia sono state attivate 16 scuole ma nel 2023 ci sono state 40 iscrizioni su 140 a livello nazionale e, malgrado l’implementazione del finanziamento regionale non si è riusciti a coprire tutte le borse».

A Padova ci sono state due iscrizioni, una per anno, a fronte di dieci borse messe sul piatto. «I 140 posti disponibili sarebbero stati un ottimo punto di partenza, il problema è l’appetibilità di questa professione tra i giovani a inizio carriera» sostiene Mastromauro.

Si va quindi avanti spingendo, dove possibile, nell’integrazione per intercettare i bisogni che sono non solo fisici, ma anche psichici, sociali e spirituali: «È necessario interfacciarsi con specialisti dell’acuzie, medici di famiglia e la medicina d’urgenza» prosegue «a Padova ci sono sinergie virtuose anche con i volontari, senza contare che fortunatamente il mio gruppo è piuttosto giovane rispetto alla media».

La fatica è palese tra la poca offerta a le necessità di imbrigliare la domanda: «Noi potremmo assumere 2-3 medici in più ma l’azienda è chiamata a tenere conto delle esigenze di tutti» commenta il direttore del servizio.

La selezione

Tra i pilastri su cui poggiare la rete, una fortissima selezione dei pazienti attraverso l’autocompilazione delle necessità, in modo da garantire la presa in carico di quelli più complessi: sono circa 2.200 le persone che nel Padovano dovrebbero essere “toccate” – con almeno un accesso – dall’equipe: «Lo scorso anno ne abbiamo prese in carico, su segnalazione di ospedalieri o medici di famiglia 1.900, l’anno prima erano state 1.800» conclude «ora non ci sono più solo i pazienti sono oncologici, ma le caratteristiche stanno cambiando con la gestione di demenze e insufficienze d’organo ormai arrivate al 50%».

Intanto il servizio punta all’informazione sul territorio, 4 incontri a maggio – il sabato – con lo Iov. In attesa che dopo la chiusura dell’Hospice Santa Chiara «una perdita gravissima», l’Usl 6 aumenti i posti letto.

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