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Tiziana Brazzatti: «Così 30 anni fa ho scoperto il dinosauro Antonio in mezzo alle pietre del Villaggio del Pescatore»

TRIESTE Una festa speciale, definita “Compleannosauro”, per celebrare i trent’anni dalla scoperta di uno dei dinosauri più famosi in Italia e nel mondo: Antonio, il Tethyshadros insularis individuato per la prima volta il 25 aprile del 1994 nei pressi del Villaggio del Pescatore, nel territorio comunale di Duino Aurisina.

È questo l’evento organizzato giovedì 25 aprile al Museo di Storia naturale che, da qualche anno, ospita le preziose ossa di un gigante vissuto 80 milioni di anni fa, il cui scheletro è giunto in parte fino a noi, grazie all’intuizione di quella che all’epoca era una giovanissima laureanda in Geologia dell’Università di Trieste, Tiziana Brazzatti, che ha assunto estemporaneamente il ruolo di guida, per illustrare a un nutrito gruppo di visitatori, fra i quali molti bambini, le vicende che hanno portato alla scoperta del dinosauro.

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«Ricordo con forte emozione ancora oggi quel mattino di trenta anni fa, caratterizzato dal bel tempo, quindi molto diverso da questo aprile piovoso quando mi recai al Villaggio del Pescatore, per verificare un’ipotesi di faglia. In vista della tesi, mi era stata assegnata una tesina di “rilevamento geologico”.

Operazione che implicava battere palmo a palmo tutta la zona attorno al Villaggio del Pescatore, alle foci del Timavo, nell’area di San Giovanni in Tuba, per riconoscere le formazioni rocciose presenti in quella zona.

Lo scopo era di produrre una cartina geologica che sarebbe poi diventata elemento di discussione in sede di esame di laurea.

Vicino alla cava - ha precisato - mi accorsi che c’era quello che, in gergo, si chiama disturbo tettonico, cioè una faglia, una dislocazione in due lembi della crosta terrestre.

In sostanza cercavo affioramenti calcarei integri - ha proseguito la geologa - che mi avrebbero permesso di disporre sulla cartina geologica della giacitura delle formazioni rocciose presenti in loco. E proprio mentre stavo facendo questo, avendo in mano la bussola, il martelletto e il quaderno per gli appunti, mi sono trovata davanti alle ossa di tre dita che, in quel frangente, scambiai per i resti di un rettile.

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Antonio infatti - ha spiegato Tiziana Brazzatti - ha tre dita, a differenza di altri dinosauri che ne hanno quattro. Confesso - ha poi rivelato - che l’emozione fu subito fortissima perché, nonostante non fosse specificamente la mia materia, in pochi istanti ebbi la chiara sensazione di trovarmi davanti a qualcosa di straordinario».

«Da quel momento la mia storia personale e professionale è sempre stata accompagnata da questo ricordo, cioè dal fatto di essere stata, per quanto involontariamente, la protagonista di un evento eccezionale e l’artefice di una scoperta che poi è diventata elemento di studio a tutti i livelli».

E Tiziana Brazzatti accetta volentieri anche il fatto di essere considerata la “mamma di Antonio”. «È proprio così - ha ripreso - certo, si tratta di una sorta di maternità molto particolare, ma ne vado fiera. Antonio da trent’anni fa parte della mia vita».

Di estremo interesse anche la fase successiva alla scoperta. «All’epoca, per fare attività pratica in parallelo agli studi universitari - ha precisato - collaboravo a titolo gratuito con il Museo di storia naturale, in particolare con il conservatore, Ruggero Callegaris. Perciò, tornata a casa, dopo la scoperta, lo chiamai e programmammo subito un sopralluogo, al quale partecipò anche il direttore del Museo, Sergio Dolce. E durante questo secondo intervento - ha concluso - si ufficializzò il fatto che quel reperto non era mai stato catalogato in precedenza. Antonio era stato scoperto».

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