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Ad Arbe l’olio prodotto dall’ulivo nato nel 772 d.C

ARBE Come in tutte le isole dell’Adriatico, anche ad Arbe (86 chilometri quadrati, 8 mila e 200 abitanti) l’olivicoltura è un’attività che va avanti da millenni. Prova ne sia l’olivo più vecchio esistente su questa bellissima isola dell’Adriatico settentrionale, la cui età – stando a quanto calcolato dagli esperti – supera abbondantemente i mille anni.

Per la precisione, questo Matusalemme arbesano è nato nel 772 d.C. (così dall’analisi carbonica) e in tutti questi secoli è stato curato da decine di generazioni di isolani, alle quali ha fornito olio sicuramente di ottima qualità. L’olivo appartiene alla famiglia di Ante Barcic, che vive nella località di Campora (Kampor in croato) e tuttora riesce ogni anno a regalare decine di chili di olive, raccolto che finisce quasi tutto in uno dei frantoi locali. In pratica, ogni famiglia di Arbe possiede un piccolo, medio o grande oliveto, appezzamenti ereditati da genitori o nonni, mentre non sono pochi coloro che hanno messo a dimora pianticelle di olivo e ora ne raccolgono i frutti, con il prezzo medio di un litro d’olio compreso tra i 15 e i 20 euro.

Il noto agronomo arbesano Željko Peran, residente a Barbato (Barbat), ha fatto sapere che la varietà orcola, di origine greca, ha dominato per due millenni, occupando circa il 92% degli oliveti isolani. Negli ultimi tempi però ad Arbe si sono piantati molti alberi di lastovka e levantinka.

«Fino al 1991 – spiega – sull’isola erano conteggiati circa 46 mila alberi di olivo. Da allora, e sono trascorsi 33 anni, l’oleicoltura ad Arbe ha avuto una potente accelerazione, grazie anche all’istituzione del Servizio di consulenza agricola. Abbiamo dati precisi in merito, dai quali risulta che dal 1995 al 2015, ad Arbe sono stati piantati circa 96 mila olivi di diverse varietà.

Da quell’anno e fino a tutto il 2023, all’isola sono stati aggiunti altri 10 mila alberi. Ad Arbe si trovano attualmente sui 90 mila alberi, ben curati dalla popolazione locale, mentre 30 mila risultano quelli alquanto trascurati e altrettanti sono in condizioni pessime, alberi che per varie ragioni hanno concluso il ciclo produttivo. In questo momento l’orcola si estende sul 48% delle piantagioni, il 35% riguarda il leccino, mentre sul restante territorio è presente una ventina di varietà». —

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