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La zecca ella camorra rifornisce l'Europa



Operava nel centro di Napoli ma procurava euro contraffatti per molte «piazze» del continente, dalla Spagna alla Francia, alla Germania. Un’organizzazione capillare che però aveva anche i suoi problemi di gestione e logistica, come rivelano le intercettazioni della Procura.

La zecca della camorra, con tutto il rispetto, è un affare della Madonna. E non solo per i volumi di scambio (oltre 60 milioni di euro falsi spacciati in Grecia, Francia, Germania e Spagna per un guadagno netto di circa il 10 per cento), ma soprattutto perché una delle basi della gang era l’associazione religiosa Santa Maria dell’Arco Gioia Lourdes. Solo che il diavolo ci ha messo lo zampino e dei 68 indagati dalla Procura di Napoli, da pochi mesi guidata da Nicola Gratteri, ben 48 sono finiti in cella e altri 14 ai domiciliari. Il resto, mancia.

A coordinare tutto il lavoro, racconta l’inchiesta partita poche settimane fa nei quartieri del centro storico, tra Porta Nolana e piazza Mercato, è un ristretto direttorio che si occupa di stoccare e vendere le banconote. Le più gettonate sono i pezzi da 50 e 20 euro offerte solitamente a un quinto del prezzo nominale. «Tengo solo i Maradona e i Pelé», svela un membro della banda intercettato al telefono. Per evitare guai, finge di parlare di magliette di calcio. Ma nemmeno la mano di D10s, il grande Pibe de Oro, è riuscito a evitare a lui e ai suoi complici le patrie galere. Il gruppo sa di essere guardato a vista dalle forze dell’ordine e allora «cambia aria» al primo movimento sospetto. Moltiplicando i punti vendita: un bar, una salumeria, un piano interrato, un crocicchio. Quando i falsari sono in vena, riescono persino a rintracciare e distruggere le telecamere-spia piazzate nottetempo dagli investigatori. In vico Vetriera Vecchia è tutto un pullulare di vedette e di informatori. Quella è un’area del clan Mazzarella che sulle transazioni incassa una robusta tangente. «Mi voglio fare la casa bella» scherza il capozona allungando la mano.

«Io sono vent’anni che vengo qua» sbotta invece un cliente a cui l’organizzazione ha negato un piccolo sconto su un ordine, rivelano le carte giudiziarie. Già, la zecca clandestina è un po’ una «bottega storica» da quelle parti. Vi si rivolgono acquirenti da tutt’Italia e da tutt’Europa e pure i gestori dei canali Telegram e i pirati del Dark web, la nuova frontiera della contraffazione. A fronte di questa «offerta allargata», le trascrizioni delle conversazioni del procedimento risultano però un vero bozzetto napoletano. Un copione aggiornato e corretto della Banda degli onesti, il film di Totò e Peppino... Quando arriva un ordine è sempre un terno al lotto. Sbagliare quantità e tagli è facilissimo. «Scriviglielo sulla carta, sono scemi, devi scriverlo sulla carta» si arrabbia il «ragioniere» con i corrieri. D’altronde, come insegnano a Wall Street, il denaro (falso) non dorme mai. Con gli stakanovisti della filigrana, la zecca è aperta tutti i giorni feriali, dalla mattina alla sera, e solo la mattina nei giorni festivi. Lo stress, d’altronde, è martellante. I contrattempi ordinaria amministrazione. «Buongiorno, 15 pezzi sono usciti scoloriti di inchiostro. Me li dovete sostituire» lamenta un acquirente. Un altro, pakistano, non convinto del trattamento e del conto ricevuto inizia a urlare in strada denunciando di essere stato truffato, lui che vuole truffare gli altri. È dovuto intervenire il boss a muso duro, con un inequivocabile: «Ora lo prendo a schiaffi».

La storia procede quindi con accenti da sceneggiata di Mario Merola con qualche tocco dalla serie dei Soprano. Capita infatti che si debba distruggere un’intera partita di banconote. Dettaglia il gip: «Il patch (la placchetta olografica, ndr) del colore si staccava dalla carta» e i falsari si affrettano a un’«operazione di bonifica» per non rischiare di finire subito Poggioreale. Sono memori di un precedente: uno stock era stato fatto a brandelli nel tentativo di spenderlo nei mercatini di Natale di Bologna, Firenze, Mestre e Padova. Solo che, in quell’occasione, i commercianti se n’erano accorti e avevano «chiamato le guardie». Altri tagli vengono offerti a prezzi di saldo perché oltre che poco richiesti sono pure danneggiati. «I 500 euro te li faccio a due euro e cinquanta» propone un malvivente a un cliente di vecchia data, «perché non li vuole nessuno». I pezzi pregiati sono le banconote da 50 euro modello «B&B». Curate in tutti i dettagli e, addirittura, un po’ stropicciate prima di essere immesse sul mercato. Una specie di «gran riserva» della contraffazione.

Ogni tanto qualche cliente finisce dietro le sbarre e il capo del sodalizio criminale inizia a sudare freddo. Un’intercettazione lo sorprende mentre fa una sfuriata ai suoi fedelissimi troppo disinvolti. «Basta» urla, «ora mi metto da solo. Vi fate quello che volete, fate la droga, uccidete le persone... mi metto da solo. Vendo di meno e sto in pace…». Si ferma. Pensa e, sconsolato, aggiunge: «Ora devo andare dall’avvocato…». Gli stipendi della banda non sono granché: 800 euro al mese per tenersi in casa i malloppi da consegnare poi, a seconda delle esigenze, ai corrieri per il ritiro. E al citofono e al cellulare la falsa cartamoneta prende il nome di «mattonelle, foglietti, caramelle e sigarette». Prima della retata, accade il paradossale. Una coppia paga con i soldi falsi una partita di banconote false anch’esse... Il capo non fa in tempo a intervenire. Le sirene sono già accese. È tardi. E nemmeno San Gennaro può fare il miracolo.

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