Vino dealcolato? Per i produttori padovani è una «bestemmia». Ma in Usa lo vogliono
Tra i produttori di vino del territorio dei Colli Euganei e non solo, il dibattito in questi giorni è tutto incentrato sulle indicazioni emerse al 56esimo Vinitaly di Verona. Segnali che per certi versi preoccupano anche perché potrebbero rivoluzionare il modo di fare vino. I temi più discussi tra gli stand della grande esposizione mondiale del settore a Veronafiere, dove erano presenti acquirenti da oltre 50 paesi accreditati, sono stati: il vino dealcolato, la riduzione della gradazione alcolica e i vini aromatici. Richieste che per la maggior parte arrivano dai consumatori d’oltre oceano, soprattutto americani sempre più affezionarti i vini italiani.
Come dire che bisogna imboccare una strada diversa da quella attuale. Necessità che nell’area euganea dove si producono vini di grande qualità e nella zona del Friularo Docg di Bagnoli, ancora non è sentita ma c’è chi incomincia a pensarci seriamente per non perdere quote di mercato.
Il presidente del Consorzio di Tutela Vini Colli Euganei, Gianluca Carraro, considera la parola dealcolato una «bestemmia». Non esclude comunque la necessità di modificare il disciplinare della Doc e Docg per dare risposta alle richieste di qualche mercato estero che sono di un vino con qualche grado in meno che però mantenga quelle che sono le caratteristiche di oggi.
L’argomento tocca inevitabilmente una realtà come la Cantina Colli Euganei di Vo’, una cooperativa con oltre 500 soci nel territorio del Parco, 100 mila quintali di uve lavorate, 4 milioni di bottiglie che in parte esporta nel mondo e 20 milioni di fatturato.
«Vino dealcolato, vino a bassa gradazione e vino aromatico, sono varianti che vengono richieste soprattutto da alcuni mercati esteri», spiega il direttore generale Nicola Zandonà. «Confermo la presenza nello stand istituzionale della Cantina al Vinitaly 2024 di importatori stranieri che hanno fatto questo tipo di richieste. Non possiamo rimanere sordi a quanto è emerso a Veronafiere che di solito anticipa l’andamento dei mercati. Bisogna pensarci, per ora si tratta per la maggior parte di buyers americani e di qualche asiatico. Per la modifica del disciplinare occorre usare molta cautela, innanzitutto bisogna capire per quali varietà va rivisto. Sono certo che il Consorzio di Tutela prima di chiederla valuterà bene la questione».
La necessità di una riduzione alcolica non è invece per niente sentita nell’area del Friularo Docg. «Gli estimatori del Friularo sono diversi dai consumatori che chiedono vino dealcolato o a bassa gradazione», afferma Roberto Lorin, presidente della cooperativa Conselve Vigneti e Cantine. «Il mercato del Friularo Docg continua a riconoscerci le caratteristiche che ha. Chi chiede dealcolato è staccato dal concetto di vino».