Lavoro, il governo rispolvera le vecchie decontribuzioni per chi assume giovani e donne: per riproporle le finanzia con fondi Ue
Non solo la mera attuazione della super deduzione per le assunzioni a tempo indeterminato risalente al 2023. Lunedì, incontrando i sindacati, Giorgia Meloni ha annunciato che, anche se il piatto piange, il consiglio dei ministri convocato subito prima della festa dei lavoratori approverà anche “misure per sostenere l’occupazione dei giovani, delle donne e di alcune categorie di lavoratori svantaggiati” e disposizioni “per favorire l’avvio di nuove attività distinte per il Centro-Nord e il Mezzogiorno”. Ma leggendo le bozze del decreto Coesione si scopre che il governo non ha fatto altro che riproporre gli esoneri totali dal pagamento dei contributi varati a fine del 2020 dal governo Conte, prorogati da Meloni per il 2023 e poi lasciati scadere per mancanza di risorse. Ora vengono rispolverati ma finanziandoli con fondi europei. Manca, come al solito, qualsiasi valutazione sull’opportunità di varare altri incentivi in una fase in cui il mercato del lavoro marcia già a pieno ritmo e sui risultati ottenuti da quelli proposti negli ultimi anni.
Le misure compaiono al capo IV del decreto, dedicato a “Disposizioni in materia di lavoro”. Per i giovani under 35 assunti a tempo indeterminato, stavolta dall’1 luglio 2024 al 31 dicembre 2025, torna l‘esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro con un tetto di 6mila euro annui, esattamente come previsto per il biennio 2021-2022 dalla legge di Bilancio per il 2021 del governo Conte 2. Stavolta però il beneficio dura solo 24 mesi e non 36. Se l’azienda ha sede in Abruzzo, Molise, Campania, Sardegna, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, l’importo sale a 666 euro al mese (8mila euro annui), mentre fino al dicembre 2023 lo sgravio in quelle regioni era riconosciuto per 48 mesi. Salta il requisito, previsto dal Conte 2, di non licenziare nei nove mesi successivi all’assunzione incentivata altri lavoratori con la stessa qualifica. Il costo, 79,2 milioni per il 2024, 286,2 per il 2025 e 205,9 per il 2026, sarà “a valere sul Programma nazionale Giovani, donne e lavoro 2021-2027” finanziato dal Fondo sociale europeo. Di conseguenza, per l’entrata in vigore occorrerà attendere il via libera della Commissione Ue. Che stavolta sarà più difficile da ottenere, visto che a fine giugno scadranno le regole più morbide sugli aiuti di Stato in vigore per rispondere alle emergenza Covid e guerra in Ucraina.
Per chi assume lavoratrici “svantaggiate”, cioè senza impiego retribuito da almeno 24 mesi che scendono a 6 nella Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno, torna poi sempre da luglio 2024 a dicembre 2025 uno sgravio con importo massimo potenziato a 8mila euro annui, come nel 2023 (contro i 6mila euro massimi del 2021-2022). Nessun ripensamento sulla concessione dell’incentivo anche per le assunzioni a tempo parziale, già previsto dalla legge 178/2020, scelta che – stando alle rilevazioni dell’Inapp – ha aggravato la tendenza ad imporre alle donne contratti part-time anche quando desidererebbero lavorare a tempo pieno. L’esonero costa 29,4 milioni nel 2024, 105,7 nel 2025 e 124,3 nel 2026, sempre a valere sul Programma nazionale Giovani, donne e lavoro 2021-2027.
Infine spunta una riedizione di Resto al Sud, l’incentivo alla nascita di attività imprenditoriali e libero professionali allargato durante la pandemia a imprenditori fino a 55 anni di età. La nuova versione, battezzata 2.0, è riservata agli under 35, disoccupati da almeno 12 mesi, persone in condizioni di marginalità, inattivi, donne senza occupazione o disoccupati inseriti nel programma Gol. Gli incentivi – sotto forma di aiuti de minimis, non soggetti ad autorizzazione Ue – non finanziano più solo attività produttive ma anche servizi di tutoraggio e formazione per supportare i beneficiari. Ci vorrà però un decreto del ministero del Lavoro insieme a quello per gli Affari europei per individuare “criteri e modalità di finanziamento”. Una parte delle risorse dovrebbe arrivare dal Pnrr, il resto da fondi di coesione.
Alle decontribuzioni “riciclate” si aggiunge poi la novità di un bonus Zes riservato a chi assume a tempo indeterminato nelle regioni del Sud, stavolta senza limiti riguardo all’età del lavoratore. Si tratta di uno sgravio del 100% per 30 mesi con limite massimo di 8mila euro l’anno. Una mossa che sembra rispondere all’esigenza di rimpiazzare la tormentata decontribuzione Sud, che aveva ottenuto risultati tutt’altro che brillanti visto che è andata ad alimentare il precariato e il part time involontario. Nelle bozze il costo non è quantificato: in ogni caso la misura dovrà essere autorizzata da Bruxelles.
Tutti gli interventi sembrano prescindere dall’andamento del mercato del lavoro, che come ha fatto notare su Twitter l’economista dell’Ocse Andrea Garnero non sembra richiedere un “trasferimento a chi avrebbe comunque assunto. A vantaggio soprattutto di imprese meno capital intensive e meno produttive”. Assente anche una valutazione ex post sull’effetto dei vecchi incentivi. Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Inapp, “circa il 70% delle imprese percettrici di uno o più schemi di incentivazione per nuove assunzioni dichiara che avrebbe effettuato le medesime scelte anche in assenza dello strumento di incentivazione“.
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